alto adige

La svolta di Kompatscher: Hofer? Non è tutto oro

Il governatore diserta Merano e va a Cortaccia. Celebra l’eroe, ma ne indica anche gli aspetti negativi: era un conservatore


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Si può celebrare Andreas Hofer, cogliendone luci e ombre? Si può fare un passo avanti, senza passare per eretico della Heimat? Kompatscher ha deciso che è arrivato il tempo.

Hofer è il tirolese per eccellenza, nel suo amore per la propria terra e l’autogoverno. Ma è stato anche un conservatore di ferro, avversario delle idee illuministe. Si può seguire la tradizione, senza chiudersi al nuovo. Questo in sostanza il messaggio di Kompatscher.

Cade oggi il 207° anniversario della fucilazione di Hofer a Mantova. Ieri a Merano gli Schützen hanno reso omaggio al comandante dei tirolesi contro le truppe franco-bavaresi, come sempre. E oggi saranno a Mantova.

Anche Arno Kompatscher ha ricordato Hofer, ma ha preferito una piccola cerimonia a Penone di Cortaccia, con corona deposta in ricordo dei caduti delle due guerre.

E da Penone il presidente provinciale ha scelto di pronunciare un discorso che rompe la tradizione dell’omaggio a Hofer come eroe a tutto tondo, punto di riferimento da allora e per sempre, senza sfumature e aggiornamenti.

«Ho voluto porre alcune domande, perché queste cerimonie non diventino un appuntamento solo formale, ripetitivo». Così Kompatscher sulla giornata di ieri .

Partiamo dal luogo. Gli Schützen a Merano, lei a Cortaccia. Una presa di distanza.

«Non la metterei in chiave polemica. Non sono mai andato alla cerimonia di Merano, preferisco ricordare Hofer in cerimonie più piccole. L’anno scorso ero a Termeno, questa volta mi hanno invitato a Penone e ci sono andato. Se proprio vogliamo dire, gli Schützen quest’anno hanno invitato come ospite Erwin Niederwieser, l’ex deputato austriaco della Spö, un socialdemocratico, un politico di grande equilibrio, europeista convinto. In edizioni precedenti avevano chiamato esponenti della Fpö, che hanno tenuto discorsi ben diversi. Non andrò a Merano, ma sono certo che Niederwieser pronuncerà parole importanti ed equilibrate. Forse anche gli Schützen vogliono lanciare un segnale...».

Con il suo discorso quest’anno ha voluto creare una discontinuità nella tradizione. Perché?

«Ogni anno noi sudtirolesi ci troviamo per ricordare la figura di Hofer. È naturale che la cerimonia assuma una cornice politica. E allora ho posto una serie di domande, che ritengo importanti. Perché ricordiamo ogni anno Hofer? Per il suo atteggiamento di chiusura verso il nuovo, verso le idee illuministe? Non credo. Lo ricordiamo, dovremmo ricordarlo, perché incarna un atteggiamento tipicamente tirolese di rifiuto delle imposizioni dall’alto, il non voler subire ciò che viene deciso altrove. Dal 1511 i tirolesi hanno espresso un bisogno di autogoverno, chiamiamolo così. “Pensiamo noi al nostro territorio”. La nostra visione è ancora questa. L’autogoverno».

Ma...

«Rinchiudersi come se fossimo chiocciole che si portano al seguito la propria casa non va bene. Nella chiusura non c’è libertà. Dobbiamo essere radicati nella tradizione e aperti verso il nuovo. Mi piace uno sguardo europeo. Ripeto, se ci si rifugia nel proprio guscio non c'è nessuna libertà. Per questo motivo pur restando fedeli alle nostre radici e alle nostre tradizioni, vogliamo essere consapevolmente aperti e tolleranti».

C’è una destra sempre più aggressiva, anche in Alto Adige. Questa intende essere la sua risposta?

«Non posso dire di essere preoccupato. Ma osservo e cerco di capire. C’è molta rabbia vero l’élite, quelli “lassù”. È il filo conduttore del Movimento 5 Stelle, che non definirei di destra, della Lega, il tedesco Afd, per arrivare ai movimenti xenofobi. Noi contro loro, “noi difensori della piccola gente”. Questo fenomeno ha un nome: populismo. Esiste anche nella nostra provincia, ma non dobbiamo temerlo troppo. La crisi dei partiti investe anche quei movimenti. L’importante è non inseguirli».

Contromisure al populismo?

«Non ignorare i problemi. Sapere che anche da noi ci sono giovani che hanno paura di non trovare un lavoro e che pensano che il loro livello di vita sarà inferiore a quello dei genitori. Allo stesso tempo partiamo da una posizione forte, perché nella nostra provincia la qualità della vita è alta e la disoccupazione è quasi nulla. Forti di tutto ciò, dobbiamo lavorare per allargare il più possibile la platea delle persone che stano bene e non hanno paura».













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