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«La stabilità? Cercatela negli Usa»

La ricetta dell’indiano Kaushik Basu: Eurobond e coordinamento bancario sui tassi



TRENTO. «Oggi il porto sicuro dell'economia globale, dopo la crisi del 2008, sono tornati ad essere gli Usa perché hanno accesso alla Fed, la loro banca centrale e non falliranno mai, perché possono stampare nuovo denaro. Gli Usa, quindi, per questo sono un'economia stabile. Ora in Europa invece si aspetta che i Paesi debitori ripaghino i debiti, ma non c'è una banca centrale che può stampare denaro».

È una delle spiegazioni della crisi dei Paesi dell'Eurozona illustrate da Kaushik Basu, economista capo e vice presidente della Banca Mondiale, intervenuto ieri nella prima giornata del Festival dell'economia di Trento in un incontro dedicato al rallentamento dell'economia globale. «Nell'Eurozona - ha osservato Basu - siamo stati vittime di un equivoco: l'unità monetaria non coincide con l'unità fiscale e nessuno capisce bene la complessità di questo contesto che si è venuto a creare. Per ripagare il debito, la Bce non interviene con i singoli Paesi, perché ci sono regole specifiche che impediscono il salvataggio e il debito acquisito è responsabilità del Paese».

«Prestare alla Francia non è la stessa cosa che prestare al Portogallo - ha spiegato - quindi i tassi di interesse sono aumentati dopo la crisi del 2008 per i Paesi più in difficoltà. Oggi paghiamo il prezzo per un periodo in cui molti prestiti sono stati fatti senza rendersi conto dei rischi».

«Oggi - ha proseguito Basu - il trattato di Lisbona impedisce di cambiare le regole verso i prestiti, impedendo accordi bilaterali tra Paesi diversi, ma pensare a una forma di Eurobond potrebbe essere la soluzione. Inoltre un coordinamento delle politiche macroeconomiche potrebbe risolvere il problema che le singole banche decidono individualmente i tassi di crescita». Basu ha sottolineato il proseguimento di un rallentamento iniziato con la crisi dei subprime negli Stati Uniti e proseguito con la crisi del debito sovrano in Europa, ora in atto nelle economie dei Paesi emergenti che presentano forti divergenze di crescita.













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