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La Procura allarga l’indagine al Veneto

Escluso che la zanzara sia uscita da una valigia: temperature troppo basse Disposti esami più approfonditi per chiarire se il ceppo è quello dei fratellini


di Luca Marognoli


TRENTO. L’isolamento del ceppo del parassita: il procuratore capo Marco Gallina ha disposto accertamenti medici approfonditi per chiarire se la malaria che ha portato alla morte la piccola Sofia Zago sia stata trasmessa dai due fratellini del Burkina Faso ricoverati assieme a lei nel reparto di Pediatria di Trento. Una chiave clinica per cercare di fare luce su un caso ancora in gran parte oscuro. Nel frattempo l’indagine si allarga al Veneto, dove il contagio sarebbe potuto avvenire sia nell’ospedale di Portogruaro che a Bibione, nella vacanza che ha preceduto il ricovero.

No al contagio “da valigia”. La Procura esclude che la malattia sia stata veicolata da una zanzara autoctona, perché i tempi di incubazione sia nell’insetto (7 giorni) che nell’uomo (dai 14 ai 21) non sono compatibili con le date dei ricoveri. Una “X” è stata messa anche sulla casella del contagio per il tramite di una zanzara africana arrivata in Italia in una valigia, ipotesi che fino a ieri era stata fra le più accreditate. Secondo gli esperti quel tipo di zanzare non sopravvivono a temperature inferiori ai 20 gradi, quindi ad un viaggio in aereo dal Burkina Faso e nella valle trentina dove i due bambini risiedono e dove hanno soggiornato prima di scendere al Santa Chiara.

Il ceppo. «L’esame autoptico - afferma Gallina - è un atto doveroso e prodromico al prelievo di reperti che saranno poi oggetto di una serie di analisi anche di natura genetica. Pare infatti che, se alcune tracce sono ancora presenti, si possa non solo stabilire se la forma malarica sia la stessa - come sembra già acclarato - ma caratterizzarla ulteriormente, arrivando a stabilire se anche il ceppo è lo stesso. Esame che darebbe un’indicazione estremamente importante».

La ricostruzione storica. L’obiettivo della Procura è di fare chiarezza storico-scientifica sul caso: accertare, sulla base di cartella clinica e documenti, se i protocolli ospedalieri sono stati rispettati e se il trattamento dei pazienti è stato corretto. «Gli infettivologi - afferma il Pm - ritengono appropriato il ricovero di bambini affetti da malaria in un reparto pediatrico non isolato». Quanto invece alle dimissioni del 31 agosto, quando c’era stato un ulteriore accesso della bimba al pronto soccorso pediatrico, con una diagnosi di faringite, «parrebbe che l’approccio attinente all’ospitalità e anche quello diagnostico iniziale sia stato corretto: nessuno può pensare mai che una febbre, senza un dato rivelatore, derivi dalla malaria». Tanto che il dubbio venuto il 2 settembre al tecnico di laboratorio che ha poi accertato la malattia è stato suscitato da un dato microbiologico in quel momento inspiegabile, che ha spinto a formulare altre ipotesi. Una delle piste ancora aperte è quella, seppur remota, di una trasmissione attraverso strumenti non sterilizzati e non monodose.

Indagine estesa al Veneto. «Si cercherà di fare anche una verifica con il ministero della Sanità di natura epidemiologica, perché la malaria è una patologia che impone ai medici accertatori l’obbligo di segnalazione a Roma. Dalla banca dati del ministero tenteremo di attingere dati antecedenti al ricovero trentino. Non bisogna dimenticare che la bambina è stata ricoverata anche a Portogruaro. Lì hanno pensato - pare correttamente - a tutt’altre problematiche (l’esordio diabetico, ndr), però non è stato fatto nessun tipo di accertamento su quel tipo di patologia (la malaria, ndr)». Si tratta di capire se nel lasso temporale di interesse per l’indagine vi siano stati ricoveri o meno.

Ipotesi di contagio extraospedaliero. Le spiagge sono affollate di stranieri che vanno e vengono dai Paesi di origine (spesso sottraendosi a profilassi perché sviluppano anticorpi che li rendono più resistenti alla malattia) e che possono avere un ruolo nella diffusione della malattia. Non si può quindi escludere, a livello teorico, che il contagio sia avvenuto anche nel periodo trascorso al mare, a Bibione. I veicoli possono essere valigie, come pure indumenti. Inoltre quelle zone sono, come è noto, climaticamente più accoglienti per le zanzare. E non è escluso, anche se il tema è dibattuto, che zanzare autoctone possano essere diventate veicolo di malaria.

L’ipotesi di reato. Il fascicolo aperto dal procuratore capo Marco Gallina resta comunque relativo al reato di omicidio colposo derivante da responsabilità sanità, una nuova fattispecie introdotta dall’ultima modifica del Codice penale.













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