La paura del lockdown di Natale: «Per noi ipotesi drammatica» 

L’epidemia e il turismo. L’ipotesi del virologo Crisanti («Sta nelle cose») crea grande preoccupazione in Trentino Le Apt: «Dopo il lockdown di primavera, una seconda chiusura per molte imprese significherebbe il fallimento» 


Andrea Selva


Trento. Per il virologo Andrea Crisanti (lo stratega dell’epidemia che ha organizzato con Zaia i tamponi di massa in Veneto) il lockdown a Natale sta nell’ordine delle cose: «Una chiusura del sistema in quel periodo, quando sono chiuse anche le scuole, potrebbe abbassare la trasmissione del virus». Ma questa prospettiva per gli operatori turistici del Trentino appare drammatica. Peggio: «Mortale» per le aziende del turismo che non riuscirebbero a sopportare un secondo periodo di lockdown dopo i mesi di chiusura primaverile.

Di questo si discute negli ambienti del turismo e del commercio trentini dove queste sono giornate di grande ansia, ma anche di grande preoccupazione per la difficoltà (se non l’impossibilità) di programmare la stagione turistica invernale. Lo conferma Gianni Bort, presidente di Confommercio e della Camera di Commercio di Trento: «Il lock down di Natale sarebbe una prospettiva drammatica per l’economia del Trentino a cui guardiamo con fortissima preoccupazione» ha detto. «La nostra categoria a livello nazionale si sta confrontando con il governo per far capire che la chiusura natalizia, o comunque il blocco della circolazione, è una misura troppo pesante, vista anche la situazione in cui ci troviamo che, bisogna sottolinearlo, è diversa rispetto alla primavera scorsa quando, al di là dei contagi, i numeri dei ricoveri ospedalieri e dei decessi erano molto più impegnativi rispetto alla situazione attuale». Secondo Bort se la chiusura natalizia potrebbe essere praticabile per settori come l’industria o l’artigianato, per un’economia turistica come il Trentino avrebbe effetti pesantissimi: «Anche perché andrebbe a cadere in un periodo in cui tradizionalmente i turisti sono di nazionalità italiana. Questo significa che non solo ci troveremmo ad affrontare un inverno difficile per il turismo straniero - per via di possibili chiusure delle frontiere o “zone rosse” internazionali - ma che verrebbe meno anche la componente nazionale del turismo che è proprio quella che caratterizza il periodo di Natale. Ecco perché guardiamo con grande preoccupazione a queste misure - ha concluso Bort - sempre nella speranza che la medicina individui il vaccino o comunque cure contro il virus».

Sulla stessa lunghezza d’onda c’è anche Luciano Rizzi, presidente dell’Apt della valle di Sole e presidente del coordinamento delle Apt trentine che comunque invita a non perdere un minimo di ottimismo: «Nel mondo del turismo siamo tutti estremamente preoccupati, ma al momento continuiamo tutti a ragionare “come se”... anche perché non ci sono alternative se vogliamo affrontare la stagione turistica che richiede una grande preparazione, soprattutto se vogliamo garantire un’offerta di qualità: non è che possiamo assumere all’ultimo momento il personale di un hotel a quattro stelle». Quanto alla chiusura natalizia, Rizzi ritiene che per molte aziende che hanno già chiuso in primavera si tratterebbe di un colpo mortale: «Per tutti quelli che hanno dovuto chiedere aiuto alle banche il prossimo passo si chiamerebbe fallimento. È giusto tenere conto della salute pubblica, ma dobbiamo considerare anche le esigenze dell’economia perché passata questa malattia sarà proprio la crisi economica il problema che dovremo affrontare» Intanto nel mondo del turismo (e dello sci) si stanno diffondendo formule di rimborso o comunque di assicurazione per eventuali vacanze non godute, ma è chiaro che la prospettiva di un Natale a casa blocca sul nascere l’eventuale domanda di vacanze invernali.

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