La nostra storia narrata attraverso i campanili

Raccontate le vicende del vostro paese al Trentino partendo dal simbolo più autentico di una comunità


a cura del Direttivo del Centro d'arte La Fonte


Giuseppe (Bepi) Campregher ha 88 anni. Vive a Caldonazzo in una grande casa semivuota in via della Villa. La sua stanza è una camera delle meraviglie ( Wunderkammer) costruita con piccole cose. Il letto è in legno con un’ alta testiera, un comodino e tre sedie, due con le rotelle perché fatica a spostarsi, un tavolino con sopra una macchina da scrivere portatile di poco più giovane di lui, un crocifisso, immagini di santi, e tante, tante fotografie alle pareti e sulle mensole. Sul davanzale che s’affaccia sui tetti delle case vicine nel portavasi c’è solo della granaglia e nella quale si tuffano i passeri. Da sempre è socio del Centro d’Arte La Fonte di Caldonazzo, una associazione di volontariato che offre ospitalità e aiuti a quanti sono o si credono artisti. Bepi non manca mai alle inaugurazioni e conversando la scorsa primavera ha detto: “Perché non facciamo un concorso di fotografia dei campanili ?”.

Un’ idea intrigante perché il Campanile è il simbolo per eccellenza di un paese. Più della chiesa che con la sua ombra sembra custodire e proteggere. Il campanile si scorge all’orizzonte e si capisce di essere a casa; le sue campane scandiscono, un tempo più di oggi, le ore e i momenti importanti della comunità: una nascita, la morte, un matrimonio, il ritorno dai campi, il levar del sole, la tempesta in arrivo. Romanzieri, poeti e parolieri si sono ispirati al campanile. Ognuno di noi, ne siamo certi, custodisce in cuore e nella mente un verso ispirato dal campanile, con o senza rondini, bianco d’ inverno, con il pèsco in fiore a primavera. Una poesia scritta nell’angolo basso del quaderno o su una carta fiorita incaricata di fare centro. Storie che hanno fatto ridere o intristito, aneddoti diventati patrimonio del paese e custoditi spesso, come fa il Bepi Campregher, con comprensibile pudore. Allora perché, ci siamo chiesti concorso per sole fotografie? E poi, perché non raccontare delle storie, quelle che fioriscono all’ ombra del campanile, nella comunità? Così facendo abbiamo scoperto che molte storie non appartengono ad una sola comunità ma raccontano di collaborazioni, sfide, anche tafferugli fra gli abitanti di paesi diversi; episodi che svelano il campanilismo con i suoi pregi e molti difetti.

Non c’è in Trentino un esempio di comuni con cento torri e campanili come avviene sulle colline toscane di San Gimignano, ma ci sono centri con due o tre chiesette, ognuna con il suo piccolo o grande campanile. Nel 1961 nel decanato di Ossana in valle di Sole veniva pubblicato il bollettino dal titolo “Campanili Solandri” destinato a tutti gli emigrati affinché sapessero che la comunità non li dimenticava. Il Campanile, ancora una volta simbolo delle radici. Noi pensiamo che quest’ idea ben si sposi con il nostro nome La Fonte poiché alla Fonte devono nascere idee e progetti, cultura e tradizione che nel campanile trovano il custode. E così assieme al quotidiano Trentino lanciamo questa nuova sfida rivolta a tutti i lettori, a tutti i trentini: aiutateci a raccontare la storia dei campanili trentini, e cioè la storia di questo nostro Trentino.













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