L’ultima degli Zortea pittrice centenaria

Jolanda, figlia di Giovanni (direttore didattico e violinista) e Albina, ha sempre vissuto a Borgo. Ad aprirle la strada verso la pittura era stato don Cesare Refatti


di Giorgio Dal Bosco


BORGO. Storia affascinante quella degli Zortea di Borgo, generazione che peraltro cesserà con l’attuale unica e sola superstite Jolanda che domani, (22 luglio), compirà cento anni tondi e “lucidissimi”. Di più: è una pittrice che sarebbe potuta arrivare molto più in alto se educazione paterna e casi della vita non l’avessero frenata. Davvero un gran peccato non solo per lei ma anche per la pittura trentina. L’anno scorso a 99 anni ha fatto a Canal San Bovo una personale: è la quindicesima dal lontano 1975, la prima mostra che, data la sua ritrosia, fermezza di carattere e riservatezza finanche burbera, all’epoca gli fu stata strappata dai parenti.

Suo nonno Celeste, contadino fedelissimo all’imperatore, aveva mandato il figlio Giovanni (1884-1976), suo futuro padre, a studiare a Rovereto all’Imperial regio istituto magistrale. Lì Giovanni si era innamorato di Albina Toss, (1885-1951) figlia del padrone di quel grande edificio in (attualmente) Corso Rosmini dove il ragazzo viveva “a costo”. Di nome faceva anche lui Giovanni ed aveva sposato Maria Bianchini. Diplomatosi maestro, violinista per diletto, preso posto fisso a Borgo come insegnante elementare, si era sposato dopo aver firmato tanto di documento che attestava entità e valore della dote di Albina. Tra l’altro nel lunghissimo elenco figurano: «12 paia di mutande a 4 corone l’una, 1 macchina da cucire corone 50, 1 ombrello …» eccetera per un valore totale di «2.168,40 corone».

Borgo Valsugana, austriaca, allo scoppio della prima guerra mondiale si trovava sul confine con l’Italia e alcuni dei suoi abitanti fecero fagotto andando al sud. Gli Zortea con le tre figlie Cornelia (1915-2012), Jolanda, (1913) e Maria (1911-1979) si ritirarono per quattro anni ad Ascoli Piceno tornando nella natia Borgo dove vi furono due nuovi «arrivi», i maschi Mario (1920-2000) ed Ernestino (1919-1935).

Nella famiglia Zortea con un padre cattolicissimo entra la figura di don Cesare Refatti, un prete dal grande carisma per via del recupero di molti soldati morti sulle montagne durante la guerra e del suo amore per la montagna e per l’arte in generale.

Jolanda già mostrava una notevole versatilità nel disegnare ed acquerellare, ammirata dal sacerdote ma non dal padre che cercava di spegnerne la capacità indirizzandola in esercizi molto più femminili come quello dei mestieri domestici. Se Jolanda ubbidiva, la sorella Cornelia era assai meno docile strappando il consenso di andare a Torino a fare gli studi superiori, rientrando e sposando il medico condotto di Scurelle Pio Gentilini. Ernestino, nel frattempo, era morto ragazzo in seguito ad una malattia che all’epoca non perdonava.

Mario, rimasto l’unico figlio maschio, partito e rientrato da alcuni fronti di guerra, con la ritirata dei tedeschi, complice la sua abilità di elettricista - lo chiamavano il «diavolo elettrico» - rischiò di doverli accompagnare. Soltanto i pianti di madre e sorella e un terribile ma provvidenziale incidente in motocicletta lo salvarono dall’ingrato viaggio. Si sposerà con Alma Pintarelli e sarà padre di due figlie. La vita degli Zortea nel periodo bellico è davvero difficile ed è Jolanda che, abbandonando con dolore i suoi amati pennelli (già per alcune chiese aveva affrescato figure religiose) si prende il maggior carico della famiglia con lunghi viaggi anche a piedi in Veneto a cercare gli alimenti primari per la famiglia. Il padre, - siamo a cavallo della metà del secolo scorso - divenuto direttore didattico, ottimo violinista, è figura storica di Borgo anche per la sua continua opera umanitaria con la San Vincenzo in considerazione che il dopoguerra anche in Valsugana comporta parecchia povertà. E Jolanda, dopo aver abbandonato ma non dimenticato i pennelli e i colori, dedica ai nipotini sentimenti e straordinaria manualità creando per loro incredibili giocattoli. Poi negli anni Sessanta torna a dipingere. Rimane anagraficamente nubile, ma «maritata» alla pittura, alla sensibilità per il colore quand’esso via via assume con lei il ruolo non soltanto di identificazione cromatica di un oggetto, ma forma e anima dello stesso. Comunque, la signorina Jolanda è diventata con il tempo una signora, e che signora, la «signora» del colore. Auguri per i suoi cento anni.

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