Kuzminac, un addio sulle note del blues 

Al funerale la chitarra del musicista a fianco della bara bianca. E le parole de «Il viaggio»


di Paolo Piffer


TRENTO. La sua chitarra a fianco della bara di abete bianco. Non poteva che prendere il via così, ieri pomeriggio, nel cimitero di via Giusti, il funerale di Goran Kuzminac, il cantautore di origini serbe morto l’altra notte nella casa di Villazzano, dopo una lunga malattia, circondato dall’affetto dell’ex moglie Donatella, delle figlie Giulia e Mija e degli amici più cari. Aveva 65 anni, il Trentino (insieme all’Abruzzo), era ormai la sua terra d’adozione da molti anni e con la chitarra, che pizzicava arpeggiando, seguendo quello che gli americani chiamano “fingerpicking”, ha regalato al pubblico alcune tra le canzoni più popolari del repertorio nazionale, da “Stasera l’aria è fresca” a “Hei ci stai”, da “Stella del nord” a “Mercante di niente” ma anche altre che forse non hanno avuto il successo che meritavano. Diverse delle quali scritte dal paroliere alense Sergio Contin, scomparso pochi mesi fa dello stesso identico male. Come “Il viaggio” il cui testo, accompagnato da un flauto traverso, è stato letto nel corso della cerimonia funebre condotta da don Renato Tomasi, parroco di Aldeno. “Se vado te lo dico/Non ci saranno guai/Perché sono sicuro che tu mi aspetterai/E quando verrà l’ora/E conterò i minuti/Vorrei asciugarti gli occhi poco prima dei saluti”, scrivono Kuzminac e Contin, all’unisono, seguendo sensibilità comuni, una vena intimista velata di malinconia. “Se prenderò quel treno o a piedi non lo so/Né quando parto e nemmeno dove andrò/Affronto questo viaggio sognando a modo mio/E non saprei se dirti…arrivederci o addio”, continuano, raccontando di un “distacco”, di una lacerazione che spezza l’anima. Un ultimo viaggio o chissà - chi può dirlo? - l’inizio di uno nuovo e sconosciuto, per chissà dove, verso il quale gli amici presenti, gli affetti più cari, hanno accompagnato il cantautore con un blues struggente prima della sepoltura.













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