«Io, papà di Curiosity vi racconto la vita su Marte»

Paolo Bellutta, roveretano, pilota dalla California il “rover” che sta esplorando il pianeta rosso: «Come ho fatto? Semplice: ho mandato il curriculum...»


di Maddalena Di Tolla


TRENTO. C'è chi sogna di studiare lo spazio, e chi per caso e molto merito, arriva a lavorare alla mitica Nasa e a pilotare, seppure in remoto, un “rover” su Marte. Questa è l' avventurosa storia del fisico di origini roveretane, Paolo Bellutta, classe 1957, che oggi lavora al prestigioso Jet Propulsion Laboratory a Pasadena, in California.

Da nove anni Bellutta, che domenica sarà al Museo Caproni a Mattarello per una conferenza (ore 18.30), fa parte del “dream team” dei piloti a distanza, i “driver” della Nasa, che inviano comandi dal computer al rover Curiosity.

Bellutta ha partecipato alla selezione del punto di atterraggio di Curiosity, che il 6 agosto del 2012, dopo 253 giorni di navigazione (e 2 miliardi di dollari di investimenti), è atterrato sul misterioso Pianeta Rosso e da allora invia regolarmente a Terra informazioni, sulla composizione chimica di sabbia e rocce di Marte, sui venti marziani, sulle radiazioni e molto altro.

I driver, i piloti in remoto, fanno turni di dieci ore e, come nei sogni dei bambini, solo con un computer riescono a manovrare il rover a migliaia e migliaia di chilometri dal nostro pianeta.

Bellutta spiega così come è riuscito a entrare alla Nasa: “Mi sono laureato a Trento. Dopo un'esperienza nella robotica all'Irst di Povo, sono andato a lavorare negli Stati Uniti per curiosità. La mia non è stata la cosiddetta “fuga di un cervello”, non era una necessità per me ma c'era tanta curiosità”.

Dopo aver lavorato presso un'azienda di Pittsburgh nel settore biomedicale, Bellutta ha letto che a Pasadena c'era una posizione aperta, e ha inviato il curriculum. In Italia siamo poco abituati a tanta trasparenza, ma Bellutta il fisico trentino, inviando un curriculum qualificato, è stato assunto proprio per quello, senza bisogno della classica raccomandazione italica.

E così merito e curiosità hanno portato il fisico ad una delle più affascinanti avventure della scienza: studiare le caratteristiche del pianeta che ancora più del nostro satellite lunare, ha sempre stuzzicato le fantasie umane.

La conferenza di domenica infatti si intitola, metaforicamente, “Dove le strade non hanno nome”. Uno degli scopi della ricerca marziana è capire se lassù, su un pianeta poco ospitale, vi siano le condizioni per la vita.

Bellutta così racconta il momento dell'ingresso a Pasadena “Era il 19 luglio del 1999. Lo ricordo come se fosse oggi”. Del futuro dice, ridendo “Ho le nocche bianche a forza di stringere questa posizione professionale”.

Interrogato sulle garanzie che le ricerche restino un bene comune, risponde “Ritengo che per adesso l'interesse sia soprattutto scientifico. Non vedo interessi commerciali nell'esplorazione di Marte, per ora. Semmai quando ci saranno ricadute tecnologiche”.

Nella conferenza ci sarà spazio anche per le emozioni, che -dice il fisico- “riemergono quando vediamo le immagini che giungono da Curiosity. Di solito non abbiamo tempo se non per pensieri razionali”.

Quindi ripercorre il momento dell’atterraggio, ovviamente affrontato con i colleghi alla Nasa: “Avevamo il fiato sospeso. Avevamo già fallito di recente. Avevamo gli occhi del mondo addosso. E' stato molto intenso. E' un po' come vedere un figlio che affronta un viaggio lontano.”

Il giro di incontri pubblici di Paolo Bellutta (mercoledì era a Bolzano), si deve al fatto che per tutto aprile il Sole oscura Marte e i segnali da Curiosity non arrivano a Terra.

Intanto, i ricercatori della Nasa hanno rinvenuto nelle rocce di Marte i componenti necessari a dare origine a una forma di vita semplice, simile a quella dei microrganismi terrestri.

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