«Io, al servizio dei carcerati»

Laura Scalfi, di Preore, racconta la sua esperienza nelle prigioni messicane da quattro anni


di Fabio Simoni


PREORE. Laura Scalfi, figura minuta, viso sorridente ed accattivante, occhi che sprizzano soddisfazione, una fede incrollabile in Dio e nell’uomo, racconta due delle sue esperienze straordinarie. Nel 2006 si è messa in cammino ai primi di giugno e per sette mesi, partendo dal santuario di La Verna in Toscana, è scesa in Lazio lungo il cammino di San Francesco, per risalire le regioni italiane lungo la via Francigena, attraversare la Francia del sud e poi la Spagna, lungo il cammino di Santiago, per giungere infine in Portogallo al santuario di Fatima. «E’ stato un pellegrinaggio ricco di conoscenze di luoghi ma anche di persone, racconta Laura. Un viaggio compiuto interamente a piedi, visitando e vivendo le mete più significative del cristianesimo. Un’esperienza che mi ha segnato dentro, molto, moltissimo».

Laura (Laurita per gli amici e per i carcerati) Scalfi, 36 anni, ha un diploma universitario di educatore professionale, ora si è trasferita in Messico. Precisamente nella città di Coatzacoalcos, città di mare dello stato di Vera Crus. Qui da cinque anni vive un’esperienza fuori del comune: assiste umanamente ma anche economicamente i carcerati del luogo. Le chiediamo come abbia fatto questa scelta.

«In Messico, dove ero stata come turista 2003, ho conosciuto Lalo, detenuto nelle carceri di Coatzacoalcos a partire al 2006. L’anno successivo sono tornata per andare a trovarlo. Per 10 giorni ho frequentato il carcere: mi sono incuriosita e appassionata nello stesso tempo. Così nel gennaio del 2009 ho deciso di tornare. Il mio amico fraterno nel frattempo è uscito dal carcere mentre io invece vi sono rimasta».

Come operi nel carcere?

Mi alzo di buon’ora e trascorro parte della mattinata in giro per negozi, banche, farmacie. Faccio le commissioni e gli acquisti chiestemi dai detenuti. Passo il resto della giornata, fino a sera, fra le mura del penitenziario. In carcere organizzo corsi di yoga, di meditazione, tecniche di respirazione per il rilassamento; in gruppo cantiamo, leggiamo, parliamo. Cerco, in tutti i modi di stare con loro, in mezzo a loro, di condividere gli attimi del giorno nel rispetto più assoluto della loro personalità e della loro sensibilità.

Cosa ti spinge verso questa opera umanitaria?

Il fatto che attraverso la misericordia di Dio, una persona smarrita possa riscoprire la bellezza interiore. Possa rinascere nella speranza e nella gioia di migliorarsi, di ritornare a sorridere nonostante sia privato della propria libertà fisica. È un’esperienza di vita grandiosa quella che sto vivendo. Per questo non smetto di ringraziare Dio e di vivere un’intensa vita spirituale.

Pensi di proseguire l’esperienza?

Assolutamente sì. In questo periodo di vacanza incontro gruppi di giovani e adulti, molte persone che sono curiose di conoscere da vicino la mia esperienza. Ed io sono felice di raccontarla perché mi riempie il cuore di soddisfazione, di nuovo entusiasmo. Perché mi accorgo parlandone, ma non solo, di ricevere molto dai miei amici carcerati.













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