Insulti alla Kyenge, il giudice reintegra Serafini

L’ordinanza: Trentino Trasporti dovrà reintegrare Serafini riconoscendogli il pagamento degli arretrati con gli interessi



TRENTO. Trentino Trasporti dovrà reintegrare nei propri organici Paolo Serafini, l’autista e il consigliere della Circoscrizione San Giuseppe San Chiara che, come si ricorderà, aveva lanciato pesanti offese tramite Facebook all’allora ministro dell’integrazione Cecile Kyenge («torni nella jungla dalla quale è uscita»). Lo ha deciso ieri il giudice Giorgio Flaim, nella causa di lavoro promossa dallo stesso Serafini dopo il licenziamento. L’autista, le cui ragioni sono state sostenute dall’avvocato Stefano Galli, tonerà quindi al proprio posto di lavoro, anche se è lecito attendersi da parte di Trentino Trasporti immediati ricorsi contro la decisione del giudice, Che ha definito illegittimo il provvedimento di licenziamento non ravvedendone la giusta causa che era stata invece invocata dall’azienda: la condotta di Serafini, per quanto esecrabile, secondo il giudice non era tale da far venir meno il rapporto fiduciario con Trentino Trasporti. Di qui l’ordinanza di reintegro con il pagamento degli arretrati a partire dall’ottobre dello scorso anno, quando era scattato il licenziamento, cifra maggiorata degli interessi maturati. A fianco dell'autista, che aveva sempre definito abnorme il provvedimento, s’era schierata da subito la Lega Nord. Va detto comunque che la vicenda, nelle settimane scorse, aveva fatto registrare anche un pronunciamento da parte della giustizia penale. a Metà maggio infatti il Tribunale, collegio presieduto da Guglielmo Avolio, aveva condannato Serafini per diffamazione aggravata dall'odio razziale. Una condanna peraltro tutto sommato mite: multa di 2.500 euro più un risarcimento di 2 mila euro ciascuna per ciascuna delle cinque associazioni che si erano costituite come parte civile, più 5.500 euro di spese. Insomma, altri 18 mila euro da pagare dopo aver perso il lavoro. A Serafini era comunque andata anche bene. Il pubblico ministero Davide Ognibene aveva infatti chiesto una condanna a 8 mesi di reclusione. La difesa, sostenuta dagli avvocati Stefano Galli e Mattia Gottardi, invece, aveva chiesto la piena assoluzione e aveva anche sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla legge Mancino che prevede l'aggravante dell'odio razziale.













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