trento

In un video quei 4 minuti di terrore

Il rapinatore ripreso dalle telecamere interne della gioielleria Mosele. L’arma ricaricata e puntata contro un vigile


di Luca Marognoli


TRENTO. Senza parole. Quella pistola puntata in faccia parla da sola. Per raccontare l’angoscia, l’incapacità di ragionare, la sudditanza di fronte a un uomo che ha in mano il tuo destino. Non servono interpretazioni: bastano i fotogrammi del sistema di videosorveglianza della gioielleria Mosele a spiegare cosa deve avere provato chi ha vissuto quei quattro minuti di tempo sospeso, tanto è durata la rapina avvenuta sabato mattina, attorno alle 10, nel negozio di via Matteotti.

Le immagini sono sfuocate ma l’effetto c’è tutto, come nello schizzo di un impressionista: quel gesto racchiude l’attimo, fermato in un’istantanea ma non per questo meno suggestivo. E spaventoso. L’uomo ha gli occhi nascosti da lenti scure, l’arma spianata, il volto contratto in un’espressione che non lascia spazio a repliche, a trattative.

In un altro fotogramma la mano del rapinatore afferra il braccio del cliente che, assieme al figlio di 10 anni, è venuto in gioielleria a cercare un regalo per la moglie. Nel negozio ci sono altre due persone: il titolare, Massimo Mosele, e la commessa del negozio.

Il volto del rapinatore in azione

Ecco le immagini dell'uomo che sabato mattina ha svaligiato la goielleria Mosele. La pistola puntata contro il titolare e lo strattone al cliente

Le immagini sono state diffuse dalla polizia, che invita chi avesse notizie utili a risalire al rapinatore a rivolgersi alla Squadra Mobile, presso la questura di Trento. L’uomo sarebbe alto 1 metro e 70 e avrebbe una cadenza meridionale. Piuttosto insolita la felpa a righe verticali che indossava sopra la polo azzurra, ma è molto probabile che se ne sia liberato rapidamente, come aveva fatto con lo zainetto contenente la chiave della gioielleria, abbandonato per strada subito dopo il colpo.

Che quell’uomo sapesse il fatto suo è dimostrato dal fatto che è entrato nella gioielleria con le fascette da elettricista per legare le mani degli “ostaggi” già pronte, con i “denti” di plastica infilati nella giusta direzione (altrimenti il rischio è che si sfilino). Sono finite ai polsi di due persone: il titolare e il cliente. Non del bambino, la cui presenza ha spiazzato il rapinatore, né della commessa, che deve eseguire gli ordini impartitile dall’uomo. Prelevando monili, orologi e diversi contanti, per un valore stimato in 30 mila euro.

Il rapinatore non si è invece premurato di indossare dei guanti: gli investigatori cercheranno quindi di risalire a lui attraverso eventuali impronte lasciate nel negozio e sulle fascette. Sotto esame anche le telecamere presenti nella zona, per cercare di ricostruire il tragitto compiuto nella fuga.

Quanto alla pistola, si tratta di una scacciacane alla quale era stato tolto il tappo rosso. Pochi istanti dopo la rapina le persone rinchiuse nella gioielleria erano riuscite ad attirare l’attenzione di due vigili di quartiere di passaggio. Uno degli agenti si era messo sulle orme del malvivente, ma quello se n’era accorto, voltandosi e “scarrellando” la pistola verso di lui, per fargli credere che fosse pronto ad usarla.

Ancora quell’arma puntata contro un uomo. «Fermati o sparo, non seguirmi!», gli aveva intimato, facendolo arretrare e desistere dall’inseguimento. Ma il rapinatore ha rischiato grosso: un poliziotto avrebbe quasi certamente risposto al fuoco. Con una pistola vera.













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