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In 30 al pranzo di nozze ma nessuno paga il conto

Il ristoratore aveva presentato uno scontrino da 2.400 euro, ma gli sposi si erano resi irreperibili. E ora sono stati condannati a sei mesi di reclusione


di Paolo Tagliente


TRENTO. Spesso, nelle aule dei tribunali, arrivano anche i protagonisti di vicende assai particolari, per non dire comiche. Quella ricostruita l’altro giorno in tribunale a Trento, davanti al giudice Enrico Borrelli, sembra uscita dritta dritta da un film di Totò. Al centro della vicenda due sposini - condannati entrambi a sei mesi di reclusione con pena sospesa - e il loro sontuoso pranzo di matrimonio.

Ma andiamo per ordine: i “piccioncini”, 36 anni lui e 31 lei, entrambi trentini, si presentano in un hotel della Valsugana per chiedere un preventivo per il loro pranzo di matrimonio. I titolari della struttura alberghiera conoscono la ragazza e, quindi, non hanno alcun motivo di dubitare della buona fede della donna. È l’estate del 2014 e il banchetto è previsto per il 25 ottobre. I due futuri sposi concordano il menù e il prezzo - 60 euro a testa per ogni invitato - e forniscono il numero delle persone che parteciperanno all’evento: 120. Tutto fila liscio, fino al fatidico giorno.

Innanzi tutto gli invitati che si presentano a tavola il 25 ottobre sono solo 30 e non i 120 annunciati. E arrivano alle 11 anziché alle 13, come da accordi. Ma i titolari e il personale della struttura, seppur sorpresi, non si fanno prendere impreparati e garantiscono un servizio impeccabile. Ma le note liete finiscono qui. Gli sposi e gli invitati mangiano, bevono si divertono e, in serata, lasciano la struttura. Il giorno successivo, però, marito e moglie tornano al ristorante per portare via le costose torte che i titolari avevano fatto preparare da una pasticceria esterna e che, previste per 130 invitati, erano avanzate in notevole quantità. In quell’occasione, il titolare del ristorante aveva presentato il conto ai due: una fattura di poco superiore ai 2400 euro.

Una cifra che, ovviamente, era assai inferiore a quella del preventivo iniziale in cui erano previsti 120 invitati e che gli sposi, dettisi soddisfatti del servizio avuto, avevano promesso di pagare la settimana successiva con un bonifico. Ma i giorni erano passati e del denaro non si era vista traccia. I ristoratori, a quel punto, avevano iniziato a chiamare sia il marito che la moglie, i quali giocavano a scaricabarile tra loro, portando avanti la questione per altri giorni.

Ad un certo punto, la sposina aveva parlato con i suoi creditori e, con fare parecchio arrabbiato, aveva spiegato che a saldare il conto ci avrebbe pensato la Guardia di Finanza, dal momento che sia lei che il marito in quel momento si trovavano sotto la protezione delle Fiamme Gialle. Bugia gigantesca, ovviamente. Da quel momento, però, la coppia non si era resa più reperibile e si era ben guardata anche dal ritirare la raccomandata con sollecito di pagamento inviata loro dai sempre più disperati ristoratori. Ristoratori che, alla fine, avevano sporto querela contro i due sposi truffaldini, poi condannati a sei mesi ciascuno.













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