Il gioco d’azzardo, malattia silenziosa da combattere in aula

Campagna di sensibilizzazione del Comune nelle scuole per spiegare ai ragazzi i rischi della «tassa sui poveri»



ROVERETO. Dopo Eni ed Enel, il gioco d’azzardo è la terza industria italiana, produce il 5% del prodotto interno lordo (Pil) nazionale. Per don Ciotti è «una tassa sulla povertà». Nel 2011 ogni cittadino maggiorenne (47,5 milioni) si è bruciato al gioco 1.500 euro. Per l’assessore alla contemporaneità Luisa Filippi è «una malattia silenziosa che il Comune cerca di contrastare cambiando i modelli educativi con incontri nelle scuole». Per il collega delle politiche sociali Fabrizio Gerola è «un problema complesso, sul quale il Comune sta investendo molte energie, attraverso una campagna di sensibilizzazione inter-assessorile». Per Stefano Bertoldi, responsabile di “Auto mutuo aiuto” di Trento ed esperto di problematiche legate alle nuove dipendenze, «è un fenomeno preoccupante che in altri paesi vicini a noi, come Francia e Spagna, hanno circoscritto e frenato, in Italia invece continua ad essere cavalcato», dove potenti lobby (rappresentate in Parlamento) continuano a dettare legge. Al seminario di Educa - “A che gioco giochiamo» - che ieri mattina ha analizzato la nuova patologia, ha partecipato anche Alberto Faustini, direttore dei giornali Trentino e Alto Adige, che stanno raccogliendo firme contro il gioco d’azzardo. Italia, il paese delle mille contraddizioni. Negli anni Ottanta si scatenavano battaglie contro la nascita di nuovi casinò, come Montecarlo, Innsbruck o Saint Vincent. Nel 1997 vengono introdotte la doppia giocata di Lotto e superenalotto e le sale scommesse, nel 1999 nasce il Bingo, nel 2003 la Finanziaria apre alle slot machine, nel 2005 arriva la terza giocata del Lotto, le scommesse Big Match, le scommesse on line, nel 2006 nascono nuovi corner per le scommesse e il gioco d’azzardo, nel 2007 il decreto Bersani apre ai giochi che “raggiungono l’utente”, nel 2008 il gioco d’azzardo on line è legale. Un’avanzata inarrestabile di slot che l’amministrazione Miorandi cerca di contenere limitando la loro presenza, a 300 metri di distanza dai luoghi sensibili, come le scuole.

Gioca soprattutto «chi ha meno disponibilità economiche», ha spiegato Bertoldi, creando danni fisici, anche nei familiari. Il gioco diventa una sorta di droga e attira sempre più giovani. Ecco il nuovo allarme.

Ma per Renato, ex giocatore d’azzardo e componente del gruppo di auto-mutuo-aiuto di Rovereto, un primo provvedimento potrebbe essere quello di «introdurre l’uso della tessera sanitaria, come per i distributori di sigarette. In questo modo possiamo tutelare i minorenni dall’uso delle slot». Una speranza vana, si è concluso. Perché deve essere lo Stato a porre il primo freno. «Ma finché ci guadagna - ha concluso l’assessore Gerola - purtroppo noi amministratori locali abbiamo le armi spuntate». Ma la 5a edizione di Educa ha aperto uno squarcio sul problema.(n.f.)

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