Il fronte del sì in campo «O riforma o status quo»

Il professor Ceccanti: «L’autonomia? Vanno premiate solo quelle responsabili» Al lancio dei comitati il Pd manda avanti imprenditori e professionisti


di Chiara Bert


TRENTO. «Chi vota no non vota per una riforma migliore. Si sceglie tra questa riforma e lo status quo, e lo status quo sono due Camere che danno la fiducia al governo con il rischio di maggioranze diverse come è accaduto in quattro casi su sei nelle ultime elezioni, una conflittualità fortissima tra Stato e Regioni, mille parlamentari». Il professor Stefano Ceccanti, costituzionalista, componente della commissione di saggi voluta dal governo Letta per riformare la Costituzione, ieri era a Trento per sostenere il lancio della campagna referendaria per il sì alla riforma. La mattina, chiamato dai sindacati, si è confrontato con Roberto Toniatti sostenitore del no (ne riferiamo nell’articolo a lato), il pomeriggio era in Piazza Pasi alla presentazione dei primi 16 comitati (5 a Trento, gli altri a Rovereto, Mori, Arco, Altogarda, Vallagarina, Isera, Giudicarie, Valsugana e Tesino, Pergine, in fase di costituzione quello in Rotaliana) uniti nella rete «Basta un Sì».

Una sessantina le persone in piazza, pochi i big politici: si fanno vedere (ma vanno via presto) il segretario del Pd Italo Gilmozzi e il senatore Giorgio Tonini, l’assessore comunale Andrea Robol, l’ex parlamentare Gigi Olivieri, l’ex segretaria Giulia Robol, il giovane sindaco Giacomo Pasquazzo. Ci sono i socialisti con il segretario Alessandro Pietracci, il professor Raffaele Mauro e Claudio Fontanari. Non pervenuti Upt e Patt (il vertice di coalizione è stato rinviato al 1° ottobre), ma l’obiettivo del Pd, primo sponsor della riforma, oggi è tenere la politica in seconda fila e mandare avanti la società civile che vota sì, de-politicizzando un referendum che ha preso una brutta piega da quando Renzi lo ha trasformato in un giudizio sul suo governo.

«Dopo tanti tentativi falliti di riformare le istituzioni, ora la parola è ai cittadini», ha detto Elisa Filippi, coordinatrice della campagna referendaria per il Pd, «non ci interessa la propaganda, ma l’informazione». Prende la parola per prima Maria Prodi, insegnante, ex assessora regionale umbra nonché nipote di Romano Prodi: «La risposta - dice - è nel programma dell’Ulivo e poi dell’Unione». Lavinia Sartori, giovane ingegnera e imprenditrice nel ramo dell’edilizia sostenibile, spiega così il suo sì: «Per sopravvivere è necessario cambiare, l’Italia deve farlo». Andrea Rinaldi, agente immobiliare: «Si poteva fare meglio? Sempre. Ma ditemi come questa riforma peggiora la situazione attuale». Poi ammette: «Più facile dire no che spiegare perché vale la pena votare sì». Sergio Valentini, noto ristoratore della Locanda delle Tre Chiavi, dice che voterà sì per liberare energie e dare una spinta all’economia: «Cosa può accadere di peggio di ciò che è accaduto fino a oggi?». Quirino Purin, del Crucolo della val Campelle: «No ce ne sono già troppi, è il buon senso che porta a dire sì». E ancora: l’ex dirigente d’azienda Ezio Trentini, l’avvocato roveretano Paolo Mirandola, Massimo De Meo da Riva del Garda. Ceccanti viene interpellato sulle accuse di centralismo e i rischi per le autonomie. «C’è un accordo a rivedere gli Statuti caso per caso», risponde, «se ci sono Regioni che governano bene si premiano, se governano male è giusto che l’autonomia venga ridotta. In Sicilia sono in molti a chiederlo». «Il nuovo Senato sarà composto per tre quarti di consiglieri regionali e anche le Regioni ordinarie potranno chiedere nuove competenze se sono in grado di gestirle».

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