la tragedia di pieve di bono

Il ciclismo sotto choc: «Timothy, un ragazzo splendido»

Lacrime e incredulità nel mondo delle due ruote trentine per la tragica scomparsa di Timothy Porcelli, morto a soli 17 anni dopo essersi scontrato in bici con un furgone


di Luca Franchini


TRENTO. Il 13 luglio scorso aveva coronato un piccolo sogno sportivo, quello di vincere la sua prima corsa tra gli juniores, lui che era al primo anno in categoria e che, sempre quest’anno, aveva contribuito al successo del compagno di squadra Davide Plebani ai campionati italiani di San Paolo d’Argon. Un ragazzo di poche parole, che preferiva far parlare la strada, soprattutto quando si faceva in salita. Lì riusciva a dare il meglio di sé e a dare ideale sfogo a quella che era la sua più grande passione.

Passato quest’anno nelle fila della formazione juniores bresciana Team Lvf, Timothy aveva precedentemente corso con la maglia della Montecorona di Palù di Giovo (da esordiente) e con quella del Veloce Club Borgo (da allievo). La tragica notizia della sua scomparsa, alla sola età di 17 anni, ha scosso il mondo delle due ruote trentine e, in particolar modo, chi in passato lo ha avuto con sé come corridore.

«Lo ho avuto come atleta per due anni da esordiente - spiega un comprensibilmente scosso Carlo Clementi, direttore sportivo della Montecorona, dove ha corso anche Pietro, fratello maggiore di Timothy - Un ragazzo molto meticoloso e, soprattutto, appassionatissimo di ciclismo. Un ragazzo taciturno, che non parla molto, ma con cui mi sono sempre trovato bene. Gli piaceva lo sport che faceva, lo ascoltavo e cercavo di lasciarglielo fare come piaceva a lui. Tra l’altro, in quei due anni, regalò a me e alla nostra società tre splendide vittorie: Timothy andava forte in salita e, da esordiente del secondo anno, in una corsa nel Bergamasco con arrivo in salita, staccò tutti e arrivò da solo. Purtroppo, l’anno seguente, lasciò la nostra società e si accasò al Borgo: ricordo che per me fu un grande dispiacere».

Da allievo, infatti, Timothy passò al Veloce Club Borgo, allenato da Nico Pasini, ancor oggi direttore sportivo della formazione borghigiana. «Non ho parole e penso che davvero non ce ne siano per descrivere il dolore che ho dentro - spiega Pasini, che a stento trattiene le lacrime - Lo avevo visto ad inizio stagione e lo avevo visto contento della sua nuova squadra. Non a caso, proprio quest’anno, è riuscito a ritrovarsi, a fare dei bei piazzamenti e a vincere una bella corsa, che ha fatto felice anche me. Ho sentito anche suo padre recentemente, teneva tantissimo al figlio e a questa sua passione. Io lo ricordo come un ragazzo tranquillo, pacato ed educato. Lo ospitai anche a dormire a casa mia. Non ci sono davvero parole: nessuno merita di morire a 17 anni, soprattutto mentre sta facendo quello che gli piace».

Anche Stefano Casagranda, ex professionista e ora presidente del Veloce Club Borgo, parla a singhiozzo, scosso dalla tragica notizia. «Timothy era un bravissimo ragazzo e questa non è la solita frase di circostanza - racconta Casagranda - Un ragazzo un po’ introverso, forse anche perché in famiglia parlava principalmente inglese. Ricordo che a volte, proprio per questo, faticava a capire le tattiche di squadra, ma in sella dava sempre il meglio di sé. Era un buon corridore, che andava forte in salita. Non a caso dicevo a suo padre: abbia pazienza e vedrai che i risultati arriveranno. Quest’anno, infatti, le soddisfazioni erano arrivate: Timothy è stato fondamentale nella vittoria del suo compagno di squadra ai campionati italiani ed è poi riuscito a togliersi la soddisfazione della vittoria, al primo anno in categoria. Quel giorno ricordo che suo padre mi mandò le foto della vittoria: era comprensibilmente orgoglioso e, avendolo avuto come corridore e avendo mantenuto ottimi rapporti e ricordi, la notizia fece felici anche noi».













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