IL CASO

Identità sessuale, accolto il primo ricorso

Una donna aveva chiesto di poter cambiare genere sulla carta di identità senza sottoporsi all’intervento. Se ne occuperà la Corte Costituzionale



TRENTO. L’identita sessuale è quella che ti senti e non quella dettata dal fisico. Seguendo questo principio tre trentini si sono rivolti all’avvocato Alexander Schuster per chiedere al Tribunale di Trento la possibilità di cambiare genere anagraficamente senza sottoporsi a un’operazione di cambio del sesso e senza diventare sterili. I tre ricorrenti sono persone che sentono di avere un’identità sessuale diversa rispetto al loro fisico. Si tratta di tre persone con una vita del tutto normale, un lavoro, parenti e relazioni normali. Hanno chiesto di poter cambiare sesso anagraficamente, ovvero sulla carta di identità, senza per forza ricorrere all’intervento chirurgico. Il giudice non ha accolto direttamente il ricorso, ma ha ritenuto che la legge 164 del 1982 che prevede l’obbligo di sottoporsi all’operazione chirurgica potrebbe essere incostituzionale. Per questo motivo l’ha rinviata alla Corte.

Il giudice ha deciso in merito a uno tre ricorsi. Si tratta del ricorso presentato da una signora single che non ha figli e non ha contratto matrimonio. La signora chiesto al Tribunale di ordinare all’ufficiale di stato civile del suo comune di residenza di modificare l’atto di nascita nel senso di modificare il genere, assumendo quello maschile. La signora ha anche chiesto l’autorizzazione a futuri interventi per cambiare il sesso. Interventi ai quali per il momento non intende sottoporsi.

La signora ha anche spiegato di aver percepito, sin da quando aveva 7 anni, di avere un’identità di genere maschile. Fin da allora si vestiva in modo maschile e provava attrazione verso le altre donne.

La donna ha spiegato anche che lamenta un forte senso di frustrazione e di disagio dovuti al fatto che i suoi documenti identità attestino la sua appartenenza al genere femminile. Secondo la donna questo comporta anche un disturbo dell’identità sessuale nella forma del transessualismo e di disturbo dell’identità in genere.

In altre parole, la donna si sente imprigionata in una barriera burocratica. Pensa che sentirsi riconoscere dallo Stato come uomo e non come donna potrebbe aiutarla a ritrovare una sua identità anche sessuale e questo senza doversi sottoporre a un intervento invasivo e molto doloroso.

Il giudice ha riconosciuto che sia l’intervento chirurgico che il trattamento ormonale sono molto rischiosi per la salute umana. Il giudice infine conclude che una volta che lo Stato riconosce il diritto di cambiare sesso, sottoporre il cambiamento a dolorosissimi e pericolosissimi trattamenti significa pretendere un atto di violenza sul proprio corpo. Da qui il dubbio che la legge sia incostituzionale.













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