I trentini non risparmiano per colpa dell’azzardo

Il convegno annuale sulla prevenzione rilancia l’allarme sulla ludodipendenza: è proprio la crisi economica a spingere a scommettere e rischiare sempre di più


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. I trentini risparmiano sempre meno e uno dei motivi che ha ridotto questa «sana» propensione è il gioco. Sono, come la maggior parte degli italiani, dei grandi giocatori. In un anno giocano in media circa 1300 euro a testa e non c’è crisi che limiti il fenomeno. Anzi, proprio l’incertezza economica, spinge a scommettere e a rischiare di più, illudendosi di colmare il vuoto di uno stipendio che non esiste con un’ipotetica e quanto mai irraggiungibile vincita. A giocare si perde sempre. Questo ci raccontano le statistiche e i numeri impietosi di questi ultimi anni che hanno fatto emergere un problema fino a ieri sommerso e taciuto. Così l’intera giornata di ieri è stata dedicata alla prevenzione e alla cura del gioco d’azzardo. Nella sala della Cooperazione, si è svolto il 14° convegno nazionale organizzato dal Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo). Durante la mattinata le delegazioni delle varie associazioni provenienti da tutta Italia hanno ascoltato il racconto diretto dell’esperienza trentina che ha portato alla fondazione di un’alleanza per la tutela e la responsabilità condivisa. «Ci imbattiamo quotidianamente con le vittime di questa dipendenza e le risposte che possiamo fornire sono piccole ma significative – racconta Sandra Venturelli dell’associazione Ama di Trento - certamente i gruppi di auto mutuo aiuto, ma oggi siamo in grado di assistere anche legalmente il giocatore e, nel caso, di affiancargli un amministratore di sostegno che per un periodo gestisca il suo patrimonio. La nostra alleanza coinvolge anche le banche e stiamo lavorando alla formazione degli operatori di sportello, in modo che possano dare al cliente-giocatore le giuste informazioni sulle possibilità di farsi assistere». I volumi del gioco passano, infatti, dai conti corrente. Nelle mani delle associazioni restano, invece, comunicazione e informazione per contrastare il gioco d’azzardo patologico. Una malattia che stravolge la vita del giocatore e dei suoi familiari, che come ogni patologia deve essere affrontata e curata e che, dunque, produce danni e costi sanitari e sociali. Una dipendenza che, però, piace tanto allo Stato, alla schiera di quei politici che hanno quote partecipate nelle società che «svendono» il gioco e alla criminalità organizzata che attraverso i soldi facili provenienti da vincite o perdite al gioco può così pulire i denari provenienti da attività illecite. Sarà anche per questo che il «sottotitolo» del convegno di ieri recitava: «Davide contro Golia». Nell’attesa (vana?) che il gigante venga sconfitto.

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