«I contributi agli hotel attirano investimenti»

Battaiola dell’Asat sottolinea l’effetto moltiplicatore dei fondi pubblici «Il turismo ha frenato la crisi in artigianato, commercio e agricoltura»



TRENTO. «I contributi al settore alberghiero da parte del pubblico non sono “una pioggia di soldi a fondo perduto” ma sono un potente moltiplicatore di investimenti da parte del privato, investimenti che restano in gran parte in provincia come attivazione di spesa verso gli altri settori e come redistribuzione di reddito nei confronti dei lavoratori dipendenti». Lo scrive in una nota Giovanni Battaiola, vice presidente della giunta di Asat, l’associazione albergatori trentini, commentando il servizio del “Trentino” di lunedì.

«In Provincia di Trento, secondo l’annuario del turismo edizione 2014 (la più recente a disposizione), ci sono 1508 alberghi così suddivisi: 160 alberghi ad una stella, 241 a due stelle, 910 a tre stelle, 191 a quattro stelle e 5 a cinque stelle. Negli ultimi trent’anni il totale degli alberghi 1-2 stelle è passato da 1416 a 401 unità (quasi il 75% in meno) mentre, nello stesso periodo, il totale delle strutture 3-4 stelle è passato da 431 a 1001 unità (quasi il 132% in più), oltre ad essere state realizzate 5 nuove strutture a 5 stelle che prima non c’erano. Leggendo questi numeri è del tutto evidente come e quanto in questi anni l’imprenditoria alberghiera abbia lavorato per l’innalzamento della qualità complessiva delle strutture ricettive investendo ingenti risorse che hanno portato il Trentino ad essere una destinazione turistica di successo».

In valori assoluti, «per quanto concerne il solo settore alberghiero, stiamo parlando di circa sei milioni di pernottamenti d’estate e di cinque milioni e mezzo in inverno, con un trend in continua crescita dopo la leggera flessione degli inverni 2010 e 2011».

Per Battaiola, l’articolo di lunedì «nell’affrontare il tema del fallimento di alcune gestioni alberghiere, oltre a citare dei casi ormai datati, si concentra in particolare su due zone ben delimitate della nostra provincia (Monte Bondone e Altopiano di Folgaria) zone che, come noto, presentano delle caratteristiche e delle problematiche che vanno oltre la questione puramente alberghiera. Ci si dimentica, inoltre, di tutte quelle strutture (anche appartenenti a quelle stesse aree) che invece, con o senza i contributi provinciali, sono rimaste sul mercato contribuendo a far segnare i risultati citati». «Non bisogna dimenticare infatti che la crisi economica, finanziaria e di mercato che negli ultimi anni ha colpito tutti i settori non ha risparmiato neanche il settore turistico: un certo numero di chiusure è quindi fisiologico anche nel nostro comparto, soprattutto in un contesto mutevole ed incerto come quello in cui stiamo vivendo».

Inoltre, «dove il settore turistico ha tenuto, come in molte valli della nostra provincia, ciò ha avuto degli evidenti effetti anticongiunturali consentendo anche agli altri settori della nostra economia di poter continuare a lavorare». Il riferimento è, innanzitutto, al settore dell’artigianato «che nelle zone a più alta vocazione turistica della nostra provincia grazie alle costruzioni, alle ristrutturazioni ma anche alle semplici manutenzioni delle strutture alberghiere, ha potuto e saputo meglio fronteggiare il calo delle commesse provenienti da altri settori (pubblici e privati). Ma anche il commercio e l’agricoltura hanno beneficiato di effetti indiretti ed indotti in quelle località dove i flussi turistici si sono mantenuti poco sotto i livelli precrisi».













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