l'analisi

«Governo a due? Una trappola»

Alessandrini (cda Fem): «Ignorati i veri problemi. Sono mancate le sinergie»


di Roberto Colletti


TRENTO. «Il bisticcio sulle candidature per la presidenza della Fondazione Mach impedisce di affrontare i problemi. E il compromesso al ribasso che vorrebbe contrapporre al presidente voluto da Ugo Rossi un amministratore delegato indicato da Sara Ferrari, per l'assessora si rivelerà una trappola».

Carlo Alessandrini, in altra epoca presidente del consiglio provinciale (lista Pds 1993-1998) ed oggi consigliere d'amministrazione di San Michele, non nasconde la perplessità per la piega che ha preso il confronto, anzi il braccio di ferro, sulla nomina del numero uno della Fondazione Mach che, in assenza della designazione di Piazza Dante, verrà commissariata ed affidata al direttore generale Mauro Fezzi. Cosa che fino a ieri sembrava improbabile, con il governatore Rossi intenzionato a tirare dritto e imporre il nome di Andrea Berti alla presidenza, nonostante la candidatura sia stata bocciata, venerdì, dalla prima commissione legislativa. Ma ieri il Pd ha deciso la linea dura: no alla nomina di Berti.

«Tensioni che osservo da un altro punto di vista, sinora ignorato: quello di San Michele e del suo futuro. Che ha bisogno di un'attenta riflessione», sintetizza Alessandrini. «Per farla breve: nell'ente le cose non vanno affatto bene e si rischia di disperderne il patrimonio scientifico e culturale. Qui non si tratta di azzeccare il nome di un presidente o di un responsabile scientifico, ma di ridefinirne la missione e la struttura».

Un giudizio impegnativo...

Non equivochiamo: i risultati scientifici ottenuti dall'ex presidente Salamini sono eccellenti, la scuola forma buoni tecnici e laureati, la ricerca applicata e l'assistenza fanno il loro mestiere... ma ognuno viaggia per la propria strada. Non si è realizzata la sinergia tra questi indirizzi. Era l'obiettivo per cui cinque anni fa è nata la Fondazione. Non ha funzionato.

Cosa non va esattamente?

La forma istituzionale, anzitutto. La Fondazione dovrebbe muoversi come un soggetto privato. Invece, siccome per i suoi 45 milioni l'anno dipende esclusivamente dal finanziamento provinciale, ha tutti gli obblighi del pubblico, dagli appalti alla giusta vigilanza della Corte dei Conti. D'altra parte, per esempio nei rapporti di lavoro - si tratta di un migliaio di persone -, deve rispettare le rigidità del settore privato. Le cose, invece di semplificarsi, si sono complicate. Forse andava meglio quand'era ente funzionale della Provincia.

Nel consiglio, però, è garantita la partecipazione dei mondi contadini. Lei, per esempio, rappresenta la Confederazione italiana agricoltori.

Mi sono convinto che le organizzazioni dei produttori peserebbero di più restando fuori dalla governance. Intendiamoci: un conto è il ruolo culturale e politico del mondo contadino che ha i suoi strumenti per esprimersi. A San Michele, invece, l'agricoltura chiede servizi ed un'efficace assistenza in campagna. Dovremmo essere solamente committenti, non amministratori. Il rapporto sarebbe più chiaro.

Trasferimento tecnologico ed assistenza, tuttavia, funzionano.

Non quanto potrebbero. I collegamenti – i valori aggiunti di cui si chiacchiera tanto - tra ricerca, trasferimento tecnologico e servizi in campagna sono problematici. E' un nodo da rivedere. Si è ipotizzato, per esempio, di privatizzare l'assistenza, affidandola ad un consorzio di produttori. L'idea è rimasta tale, ma credo che in tale modo il servizio funzionerebbe meglio ed il Centro di trasferimento tecnologico, concentrandosi sulla ricerca sperimentale, esalterebbe il proprio ruolo. Tra chi vuole Berti e chi no, però, di tutto questo non v'è traccia.

E così torniamo al bisticcio (non ha dignità di scontro) tra Rossi e l'idea di creare la figura dell'amministratore delegato alla ricerca scientifica.

Non credo che inventarsi la nuova carica con un articoletto infilato nella Finanziaria 2015 risolva qualcosa. L'amministratore delegato che poteri avrebbe e di quali risorse disporrebbe? Alla fine dipenderebbe sempre dal presidente e dal consiglio. La questione va affrontata nel suo complesso, non a spizzichi e bocconi. L'idea escogitata sull'onda del bisticcio tutto interno a Piazza Dante, non risolverebbe nulla. Anzi, temo che per l'assessora Ferrari tutta la vicenda si rivelerà una trappola. E a San Michele i problemi resteranno irrisolti.

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