Fondi territoriali, il «patto» scricchiola

Pressing sulle categorie, convocate oggi per la firma. Asse artigiani-albergatori-commercianti. Bort: «Va ridotta l’Irap»


di Chiara Bert


TRENTO. Imprese e sindacati sono convocati in Provincia alle 8 di questa mattina, e l’orario non è casuale. La giunta vuole incassare la firma in calce al «patto per il welfare» territoriale prima della seduta dell’esecutivo che approverà il bilancio e la Finanziaria 2016. Un patto che il presidente Ugo Rossi ha chiesto alle categorie presentando le linee guida della manovra, due settimane fa: «Abbiamo messo in campo una manovra coraggiosa e espansiva, che stanzia 197 milioni di euro per le imprese e 164 milioni per le famiglie. In cambio di questo grande sforzo chiediamo alle categorie di aderire a un patto per lo sviluppo e il welfare trentino». In concreto il welfare trentino significa due cose: attivazione del fondo di solidarietà territoriale e del fondo sanitario integrativo (Sanifonds). E il messaggio di Rossi alle categorie economiche è stato il seguente: noi vi riduciamo le tasse, voi fate partire i due fondi.

Ma se dai sindacati è arrivata un’apertura, la frenata è arrivata dalle imprese, in questo caso quelle direttamente coinvolte dal fondo di solidarietà che riguarda appunto le piccole e medie aziende tra 5 e 15 dipendenti, ovvero artigiani, albergatori e commercianti. Il fondo, che ha ottenuto il via libera di Roma in un decreto del Jobs Act, ha riconosciuto alla Provincia la possibilità di gestire in autonomia uno strumento previsto dalla riforma del lavoro di Renzi: un fondo territoriale intercategoriale che prevede il sostegno al reddito e la riqualificazione dei lavoratori delle piccole imprese (quelle che oggi non godono della cassa integrazione), lavoratori che in Trentino rappresentano il 90% del totale.

Ma proprio i diretti interessati hanno messo i paletti. La più restia è stata l’Associazione artigiani, che da subito aveva avvertito: «Non abbiamo nulla in contrario al fondo e tra persone intelligente non servono i ricatti - ha detto il presidente Roberto De Laurentis - ma ad una condizione, che il fondo non affluisca all'Inps solo per comodità, altrimenti diventa un fondo nazionale. La norma al momento non è affatto chiara». Sul punto il governatore ha subito rassicurato che la governance sarà locale. Ma De Laurentis ha subito rilanciato: «Noi abbiamo il nostro ente bilaterale che funziona, non si capisce perché dovremmo svuotarlo. Non ci va bene un fondo indistinto, non settoriale, dove per assurdo se un anno non crescono le mele tutti i soldi finiscono su quel settore». Dubbiosi, negli ultimi giorni, anche gli albergatori. Il presidente dell’Asat, Luca Libardi, ha spiegato che la sua associazione è interessata a ragionare sul progetto ma ha bisogno di fare ancora degli approfondimenti, su aspetti tecnici e di governance: «Non sono cose da discutere così su due piedi, ci sono di mezzo i lavoratori e i nostri soldi». I più convinti sembravano i commercianti, ma ieri anche Gianni Bort tirava improvvisamente il freno: «Non saremo noi a rompere il fronte delle imprese - dice il presidente dell’Unione commercio e turismo - non ha senso che uno dica sì, l’altro no e uno forse. Serve una soluzione condivisa da tutti e questo presuppone da parte del governo provinciale un ripensamento sull’Irap. Noi abbiamo chiesto una riduzione consistente dell’aliquota base. Il tentativo di tenere sul territorio il fondo di solidarietà è un’esigenza che sentiamo, ma vogliamo capire bene obblighi e costi che ne derivano. Non si firma nulla senza sapere dove si va a parare». Non un ottimo viatico per un accordo che la giunta considera un patto e un impegno politico del sistema trentino nel suo complesso. È evidente che se qualcuno si tirasse indietro, gli altri si riterrebbero a quel punto con le mani libere. Ecco perché uscire oggi senza la firma di tutti al protocollo sarebbe un duro colpo per l’amministrazione di Ugo Rossi. Ed ecco perché fino a ieri sera si sono susseguiti i contatti tra Provincia e categorie per limare il testo e incassare il sì.

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