Ferrari: «Sono un tecnico Su di me decide il sindaco»

La giovane assessora del Patt: «Andreatta? Una persona disinteressata. Io con Kaswalder? Lo conosco e ci parlo, nessuno me ne ha fatto una colpa»


di Luca Marognoli


TRENTO. Serena e fatalista. Estranea alle logiche di partito. L’assessora autonomista Marika Ferrari rivendica il suo ruolo tecnico e non sembra farsi condizionare dalle voci che la danno come possibile vittima sacrificale (assieme a Chiara Maule) nel rimpasto di giunta da più parti invocato a Palazzo Thun.

Assessora Ferrari, c'è chi parla di una sua possibile uscita per lasciare spazio ai consiglieri eletti del Patt rimasti esclusi.

Non posso farci niente: decida il sindaco il meglio per la città. Per il momento vado avanti con il mio lavoro.

Dal suo partito la sua chiamata era stata vissuta come un’imposizione da parte del sindaco. Come lo ha vissuto?

Per la verità con i colleghi di partito ho un buon rapporto. Posso capire che ci fossero diverse aspettative. Ma ci siamo conosciuti e ci parliamo: di più con Dario, che è più vicino d'età, ma anche con Alberto, soprattutto sul tema della pastorizia, che ci accomuna. Con Uez non c'è un rapporto profondo ma non ho niente da ridire. Ognuno fa le sue scelte e io faccio l'assessore tecnico.

C'è chi dice anche che Andreatta l'abbia voluta in giunta per giustificare la presenza di Maule, anche lei non eletta, che era il suo obiettivo prima ancora del voto.

Questa mi è nuova (ride). Non so cosa dire perché non sono nella testa del sindaco. Tutto è possibile...

Il sindaco quando la scelse cosa le disse?

Ero stata chiamata per i progetti europei. Gliene avevo parlato quando non ero ancora candidata. Da cittadina. Gli davo del lei: se le serve una mano... Una chiacchierata informale: lui mi chiedeva cosa facevo, io sono molto propositiva e l'avevo buttata lì. L'avevo incontrato in Valsorda, il mio paese, dove viene in malga e alle sagre.

Dicono anche che lei possa pagare il fatto di essere kaswalderiana...

Non nego che Kaswalder lo conosco e ci parlo. Ma a me non ha mai detto niente nessuno per questo.

Le è pesato il fatto di essere un'assessora non eletta?

A livello di legittimazione? La gente che ho incontrato non me lo ha fatto pesare. Più che altro, io mi chiedo sempre se sto lavorando bene e rappresentando gli interessi di tutti.

C'è chi, come l'Upt, ha accusato la giunta di avere fatto poco e ha definito gli assessori come asserviti al sindaco, alla stregua di yes-men…

Cosa vuol dire fare poco? In termini ambientali, l'esigenza è quella di stimolare la coscienza dei cittadini sul rispetto delle risorse. Interventi immateriali che fai andando a comunicare, a piccoli passi, nelle scuole, oppure organizzando le pulizie di primavera: non c'è un riscontro visivo. Se parliamo di progetti europei ne abbiamo presentati 9, ma tutto può essere ritenuto insufficiente. Anche lì, sono tentativi: se presenti un progetto non è detto che lo vinci.

Con Chiara Maule avete mai parlato delle vostre sedie “traballanti”?

Più che altro da un punto di vista umano, sul piano personale più che sul cosa accadrà. Che non dipende da noi.

Si parla di partiti e di equilibri. Si sente coinvolta in un ingranaggio più grande di lei?

Sono tutte scelte che vanno aldilà: possono riguardare me ma io non le posso governare. Io seguo il principio dell'assertività: l'unica cosa che puoi fare quando una cosa non dipende da te è cercare di gestire al meglio la situazione.

Cosa pensa di tutti gli attacchi subiti dal sindaco e delle sortite dei franchi tiratori?

Mi è dispiaciuto. La ritengo una persona veramente disinteressata che lavora per l'interesse della comunità.

E come vive ora il fatto di essere indicata come una pedina da sostituire?

Penso che tutti siamo utili, nessuno indispensabile.

Soprattutto in politica...

No, in tutto. Forse la mamma è l'unica insostituibile.













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