TRENTO

Falsi Gucci e Luis Vuitton dal tribunale ai più poveri

Sono oltre 150 i capi sequestrati perché si tratta di merce contraffatta. Dopo la condanna del senegalese si valuta come fare del donare tutto



TRENTO. Vestiti di Ralph Lauren, giubbotti della Moncler, ma anche borse di Luis Vuitton e di Armani. Tutti pezzi confezionati talmente bene da poter ingannare il cliente «normale». E per capire che in realtà di trattava di merce autenticamente contraffatta, sarebbe stato necessario essere degli esperti del settore.

Sono stati 155 i capi di merce «illegale» sequestrati dalla finanza ad un senegalese, capi che ora potrebbero finire ai chi può averne bisogno, ai poveri. Il giudice infatti condannando l’uomo ma non ha disposto l’immediata distruzione dei capi che erano stati trovati durante la perquisizione che sono diventati la struttura sulla quale si è sviluppata l’accusa. Ha deciso, infatti, di rimandare la decisione all’esecuzione per verificare se sia possibile trasformare quello che è un corpo di reato in qualcosa di buono.

Ma partiamo dall’inizio, ossia da quando la finanza nota quest’uomo arrivato dal Senegal che si muove in città in maniera particolare. Con sè non ha borsoni carichi di merce ma pare alla ricerca di clienti. Così gli uomini delle Fiamme Gialle decidono di iniziare a seguirlo fino a quando, individuata l’abitazione a Trento, se rendono conto che dentro ci potrebbe essere qualcosa di interessante.

Forti di un mandato di perquisizione si fanno quindi aprire la porta dell’appartamento e iniziano a cercare. Un controllo che permette in sequestro di 155 capi fra borse, accessori e vestiti che portano etichette di famosi marchi italiani e non solo. Ma c’è il forte dubbio che si tratti di capi d’abbigliamento contraffatti. E vengono chieste delle perizie alle griffe di riferimento, da Armani a Gucci, da Vuitton a Moncler.

Tutti gli esperti confermano che si tratta di merce riprodotta senza alcuna autorizzazione, quindi di capi falsificati. E tutti concordano nel dire che siano capi e prodotti eseguiti molto bene. Tanto da poter trarre in inganno il cliente «normale» e che solo un occhio esperto sarebbe stato in grado di vedere le differenze. Che però c’erano e sono quelle che fanno la differenza fra un capo veramente autentico e un capo autenticamente falso.

Le analisi hanno portato alla formulazione del capo d’imputazione contro il senegalese che si è quindi trovato a giudizio per ricettazione ed introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. Ma nella fattispecie prevista dal secondo comma che punisce quanti «fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, detengono per la vendita, pongono in vendita o mettono in circolazione al fine di trarne profitto» la merce contraffatta.

La condanna è a cinque mesi di reclusione (pena sospesa) e al pagamento di 150 euro di multa.

A questo punto bisognerà capire se sarà possibile trattare i capi contraffatti e sequestrati in modo tale da poterne evitare la distruzione definitiva e quindi poterli dare a chi ne ha più bisogno.













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