Delega sul carcere, la Provincia ci pensa

Il governatore: «Servono però garanzie finanziarie». Ateneo, per non perdere i finanziamenti statali sarà riscritta la norma



TRENTO. Ottenere dallo Stato la delega sul carcere, per salvaguardare il grosso investimento (112 milioni) fatto sulla nuova struttura di Spini di Gardolo, e per far sì che quell’investimento si traduca in possibilità reali che il carcere sia un luogo dove espiare la pena ma anche dove rieducare i detenuti. L’ipotesi è in campo, la giunta provinciale - spiega il governatore Ugo Rossi - ne ha discusso anche ieri, dopo l’allarme rilanciato da diversi soggetti nel corso delle audizioni di qualche giorno fa nella prima commissione del consiglio provinciale, dove si discuteva il disegno di legge sul garante dei detenuti. La soglia fissata dal ministero per il carcere di Spini è salita a 350 detenuti, 100 in più di quelli previsti per la struttura alla sua inaugurazione nel 2011: numeri che ripropongono il cronico problema dell’insufficienza di agenti carcerari, che si ripercuote sulla possibilità di svolgere attività rieducative, ma anche di un’assistenza sanitaria più difficile, e di una mancata manutenzione da parte dell’amministrazione penitenziaria.

La proposta, avanzata qualche giorno fa dall’ex governatore Lorenzo Dellai, è di arrivare ad una norma di attuazione che deleghi alle Province di Trento e Bolzano la gestione del carcere e delle politiche rieducative di chi è detenuto e di chi accede alle misure alternative al carcere. È recente del resto anche l’appello rivolto alla Provincia dagli assistenti sociali dell’Uepe (l’Ufficio di esecuzione penale esterna): da maggio saranno in 3 (invece dei 12 previsti), non più in grado di garantire i diritti di chi chiede di accedere alle pene alternative, affidamento in prova al servizio sociale, arresti domiciliari, semilibertà e messa alla prova.

Apre all’ipotesi-delega il governatore Rossi: «Condivido l’approccio di Dellai - dice - c’è però un problema che non va sottovalutato. Le norme di attuazione con cui abbiamo scambiato sacrifici finanziari con competenze non sempre sono state applicate dal ministero dell’economia con un risultato positivo. L’esempio è quello dell’Università, che a seguito della norma è stata esclusa dai finanziamenti statali. Ecco perché serve prudenza, siamo pronti a ragionare sulla delega a fronte di certe garanzie». Il rischio, avverte il presidente, è quello corso dall’ateneo dopo il passaggio dallo Stato alla Provincia. La battaglia per accedere ai fondi statali è in atto da fine 2012 ed è approdata anche al Tar. Il contenzioso è poi stato sospeso a fronte dell’apertura di un tavolo con il Ministero dell’Università, ma a impedire lo sblocco è stato fin qui il Ministero dell’economia. Il rettore Paolo Collini è prudentemente ottimista: «C’è una bozza di accordo quasi definitiva sull’interpretazione della norma e nel frattempo Trento è stata inserita negli ultimi decreti sui fondi incentivanti». Ma la cautela è d’obbligo e il governatore Rossi spiega: «Stiamo lavorando con l’Università, per avere garanzie bisognerà riscrivere la norma di attuazione. I conti che 5 anni fa andavano benissimo, nel nuovo contesto di finanza pubblica non tornano più».

(ch.be.)













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