Dalprà e Corona: fu corruzione elettorale

Ai due Schützen 5 mesi e 10 giorni contro il parere del pm. Verseranno al M5S 3 mila euro. Messa in prova per Baratter



TRENTO.

Non un’ingenuità, come sostenuto dalla Procura, ma un caso di corruzione elettorale. Per il giudice Enrico Borrelli, la sottoscrizione di quell’accordo a tre fu un reato. Un accordo, riportato nero su bianco in una lettera, che è costato al comandante dei cappelli piumati trentini Paolo Dalprà e al potenziale candidato (poi rimasto tale) Giuseppe Corona una condanna, in abbreviato, a 5 mesi e 10 giorni (pena sospesa), al risarcimento di 3000 euro alla parte civile - il parlamentare 5 Stelle Riccardo Fraccaro, che si era costituito tramite il suo avvocato Mattia Alfano - e al pagamento di 2500 euro di spese legali. Per Lorenzo Baratter, il nome più altisonante di questo caso giudiziario, è arrivato invece il via libera all’affidamento in prova presso l’Anffas, con modalità che saranno comunicate a breve.

Al centro della vicenda l’ormai celebre lettera, con in calce le firme dei tre indagati, per il presunto versamento di 500 euro al mese alla Federazione degli Schützen in caso di elezione in consiglio provinciale dopo il voto del 2013. La Procura aveva ritenuto che il comportamento del trio non avesse rilevanza penale, posizione ribadita ieri dal pm Marco Gallina, che ha chiesto l’assoluzione di Dalprà e Corona. Il rappresentante dell’accusa ha parlato di «uno scritto di estrema ingenuità», a prova di un accordo che «non è stato mai contestato ed è stato anche parzialmente onorato». Ma «se è chiarissima l’obbligazione assunta da Baratter - ha argomentato - molto meno chiaro era lo scopo perseguito da lui e dalla controparte». L’oggetto era «la volontà di dare pieno sostegno ai due candidati» e la questione girava tutta attorno al significato da dare al termine “sostegno”. Per Gallina «è verosimile che l’associazione degli Schützen del Tirolo abbia fatto propaganda elettorale e creato occasioni di incontro: possiamo ritenere del tutto legittimamente che questo si proponesse l’accordo e che questo fosse stato adempiuto». Non quindi una dazione di denaro in cambio di voti, ma in cambio di una campagna elettorale a favore. Da qui «l’insussistenza del fatto per Baratter», mentre «per Corona valgono le stesse considerazioni, con la differenza che non è stato eletto e non si era neppure candidato».

Di diverso avviso l’avvocato Alfano, che ha citato le parole del Gip Claudia Miori, secondo il quale «il sostegno non poteva che avere un fine elettorale: perché Baratter avrebbe dovuto pagare, altrimenti, l’associazione?». Secondo il legale di Fraccaro è «ridicolo dire che Baratter, che scrive libri in materia, chiedesse “stimoli programmatici” e pagasse per averli». Di Corona, invece, era chiara «l’ambizione di farsi eleggere, nel momento in cui l’accordo fu stipulato».

Vanni Ceola ha aggiunto: «Corona è vicepresidente degli Schützen: ci mancherebbe altro che essi non lo sostengano». Poi ha affondato: «Anche i 5 Stelle devolvono somme al partito, anzi prevedono che se uno passa a un altro gruppo debba pagare una penale. Un comportamento più rilevante di quello oggetto di questo processo». Anche Ceola ha ricordato che Corona non era candidato e ha sostenuto che l’atto si riferiva «a un periodo di molto precedente». Infine Nicola Canestrini, legale di Dalprà, ha citato le 50 testimonianze raccolte di figure importanti degli Schützen, tutte concordi nel sostenere - ha detto - che non fu data alcuna indicazione di voto per Baratter o Corona.













Scuola & Ricerca

In primo piano