Condannato per le minacce ad Agitu, ma cade l’odio razziale 

Il processo. Cornelio Coser è stato condannato a 9 mesi per lesioni. La procura aveva chiesto una pena di un anno e la parte civile un risarcimento di 50 mila euro per le aggressioni denunciate dalla pastora somala



Trento. Era finito a processo accusato di stalking aggravato dall’odio razziale e lesioni. Lui è Cornelio Coser, 53enne pergine trasferitosi in val dei Mocheni. E la vittima è Agitu Ideo Gudeta. la pastora etiope che ha avviato qui un’azienda agricola “La Capra Felice”. Ieri in serata si è concluso il processo di primo grado con la condanna per l’uomo a 9 mesi (sette li ha già scontati in fase cautelare) ma solo per lesioni, caduta l’aggravante dell’odio razziale, caduta l’accusa di stalking. E il risarcimento per la parte civile è stato fissato in 2 mila euro. Una sentenza che ha rasserenato Coser: «Ho vissuto un anno d’inferno, mi hanno identificato come il mostro della val dei Mocheni, ora mi hanno creduto». Ma, lette le motivazioni, sarà valutato il ricorso da procura e parte civile.

Le parole di Coser

Ieri in aula è stata la giornata delle conclusioni preceduta dalle spontanee dichiarazioni di Cornelio Coser. Che ha letto tre pagine con le quali ha ricostruito i fatti dal suo punto di vista. E ha iniziato la narrazione dall’autunno del 2016 quando i due si conobbero e diventarono amici. La chiama Aghi per tutta la narrazione e ha spiegato di come, per lunghi mesi il loro rapporto fosse più che buono. Rapporto che ha poi iniziato a cambiare verso la fine del 2017. «Le avevo chiesto - ha detto in aula - se poteva chiedere a chi raggiungeva la sua stalla di percorrere una strada diversa, evitando di passare davanti a casa mia, ma lei si è dimostrata indifferente. Poi, nella primavera del 2018 avevo iniziato a delimitare la mia proprietà piantando delle piante di carpine nero, le avevo chiesto di impedire alle sue capre di rovinare il mio lavoro, ma lei mi ha risposto che era compito mio fare la recinzione. E poi ha iniziato a passare sotto casa mia sempre con il cellulare in mano per filmarmi, invadendo la mia privacy e provocandomi». E arriva al giugno 2018 quando - racconta - trova 300 piante della mia recinzione rovinate dalla capre. «Ero arrabbiato e sono andato nella sua stalla. L’ho presa per il bavero chiedendole la ragione di quanto successo e lei ha iniziato a picchiarmi sul braccio con un sasso. L’ho mollata e per scaricare la mia rabbia, le ho sgonfiato la gomma della sua macchina». Poi è arrivato all’episodio del 3 agosto, quello filmato da Agitu e diventato una delle basi del procedimento penale contro Coser, accusato di averla insultata e di averla percossa. «Lei mi filmava, io non volevo e mi quando mi sono avvicinato, mi ha picchiato con il bastone che aveva in mano. Sono riuscito a bloccare il bastone e lei è caduta per terra. E io me ne sono andato». Coser ha anche accusato Agito di averlo più volte diffamato, accusandolo di aver tagliato la mammella di una delle capre e di picchiare la sua compagna. «Tutto questo - ha concluso - che ci sia stata premeditazione per creare una storia quasi del tutto inesistente, per accusarmi e per aver lei un vantaggio».

Il consulente

Il primo ieri a prendere la parola è stato Ermanno Arreghini chiamato dall’avvocato di Agitu, Elena Biaggioni, a stendere una consulenza. Consulenza la termine della quale sono stati riscontrati, secondo il professionista, i sintomi di un disturbo determinato da stress post traumatico. Riferibile, unicamente ai fatti narrati dalla donna e relativi a Cornelio Coser. Una consulenza alla luce della quale è stato chiesto un risarcimento quantificato in 50 mila euro con 15 mila di provvisionale.

Le conclusioni

La prima a prendere la parola è stata la pm Maria Colpani che ha evidenziato come le accuse sia state confermate anche in fase cautelare e come l’aggravante del razzismo sia riscontrabile in diverse frase dette da Coser e desumibile anche da diverse testimonianze. Il magistrato ha parlato di animus negativo nei confronti di Agitu, dovuto alla provenienza etnica della donna. E ha chiesto una condanna a 12 mesi. L’avvocato Elena Biaggioni, come parte civile, ha evidenziato la mancanza di pentimento da parte dell’uomo che ha sempre cercato di banalizzare quanto denunciato dalla pastora. E ha sottolineato come Agitu viva in una situazione di paura, come sia stata costretta a mettere un sistema di videosorveglianza attorno a dove vive e come debba coordinare le sue uscite in modo da non essere mai da sola. «Lei - ha detto - che è sempre stata una donna indipendente che è si muova da sola in montagna con le sue capre». Infine il difensore di Coser, Claudio Tasin che ha chiesto l’assoluzione. E ha riportato delle minacce che la donna avrebbe fatto nei confronti del suo assistito. «Non c’è stata violenza - ha evidenziato - non c’è stato razzismo, ma solo una reazione ad una provocazione». M.D.













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