Cibo e meccatronica E incentivi per i «cervelli»

Il programma di legislatura della Provincia punta sulla specializzazione e il rapporto con le imprese. Per i ricercatori chance di carriera e conciliazione



TRENTO. Alimentazione e agricoltura sostenibile, meccatronica, ambiente ed energia, qualità della vita. Per fare della ricerca, spesso di eccellenza, un motore di crescita del territorio, la Provincia punta sulla “specializzazione intelligente” in settori produttivi e ambiti tecnologici considerati strategici a livello locale, evitando i cosiddetti finanziamenti a pioggia. Annunciato il mese scorso dall’assessora Sara Ferrari, il programma pluriennale della ricerca per la XV legislatura è pronto, frutto del confronto con gli attori del sistema trentino: un documento che parte dal contesto europeo e nazionale, individua le aree prioritarie e le strategie.

Le debolezze del sistema Trentino. Nell’analisi dei risultati fin qui raggiunti, il Comitato di valutazione ha concluso che il modello provinciale ha raggiunto «eccellenti risultati scientifici» e «una buona efficienza», anche grazie ai corposi finanziamenti pubblici. Il Trentino si è conquistato visibilità e uno spazio riconosciuto, ma sconta elementi di debolezza: la scarsa partecipazione ai progetti europei delle imprese, che hanno fatto ricerca più per migliorare i prodotti che non per ottenere sostanziali innovazioni; un numero di brevetti registrati di 62,5 per milione di abitanti (2012) contro una media italiana di 73,6 e europea di 110,5.

Quattro settori strategici. Sono quattro le aree prioritarie individuate dal piano per l’investimento della ricerca pubblica e industriale dei prossimi anni: la qualità della vita (al cui interno rientrano salute e benessere, turismo e cultura, città intelligenti, sport e tempo libero), agrifood (sicurezza alimentare e agricoltura sostenibile), energia e ambiente (clima, fonti rinnovabili), meccatronica (la fabbrica intelligente). A queste si aggiungono i domini scientifico-tecnologici trasversali: innanzitutto l’Ict (l’Information and Communication Technology che ha raggiunto risultati eccellenti sia a livello scientifico che di auto-finanziamento e attrazione di risorse comunitarie), le biotecnologie e la genomica (la biologia molecolare che studia il genoma degli esseri viventi), la fotonica (che studia come si propagano i fotoni che compongono la luce), i materiali avanzati, la micro-nano elettronica, le nanotecnolgie e le nanoscienze.

Meno attori: ateneo, fondazioni, Muse. Gli investimenti pubblici si concentreranno rispetto al passato su meno attori: Università (574,6 milioni di finanziamenti dal 2014 al 2018); fondazioni (Fbk e Mach) e organismi di ricerca tra cui il Muse (280,3 milioni); bandi, kic, cluster (38 milioni). Le sfide sono diverse: investire sui poli di specializzazione che tengano insieme scuole, centri di ricerca e imprese (come quello sull’alimentazione e i prodotti agricoli a S.Michele e la Meccatronica a Rovereto), apertura internazionale e collaborazioni interregionali coinvolgendo le aziende del territorio, un sistema di monitoraggio e valutazione dei risultati per correggere la rotta.

Attrarre i ricercatori. Una delle scommesse più importanti del piano riguarda la valorizzazione dei talenti, da attuare in due modi: da un lato i vincitori dei bandi avranno a disposizione strutture e forme di sostegno alla famiglia per agevolare la loro permanenza in Trentino ed evitare la fuga di cervelli, dall’altra si offriranno concrete prospettive di carriera (in più enti e misti tra ricerca pubblica e privata) e forme di conciliazione per le coppie in cui entrambi i partner fanno ricerca. Con un attenzione alle politiche di genere, per facilitare l’ingresso delle donne in un settore ancora a trazione maschile.

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