Caro bus, sindacati sul piede di guerra

La Uil: «Via dal tavolo tariffe». E l'assessore: l'alternativa era fare meno corse


Robert Tosin


TRENTO. Di fronte all'amletica scelta tra tagliare il servizio e aumentare le tariffe, il Comune di Trento ha scelto la seconda strada, nella convinzione che compito dell'ente pubblico sia quello di assicurare un servizio al meglio delle possibilità di cassa. Una scelta che, però, scatena le ire dei sindacati e della Uil in particolare che minaccia di abbandonare il tavolo tariffe della Provincia.

«Lo sappiamo benissimo anche noi cosa significhi chiedere un sacrificio ai nostri cittadini - spiega l'assessore Pd alla mobilità, Michelangelo Marchesi - ma abbiamo fatto attente valutazioni. L'aumento degli abbonamenti se può sembrare alto dal punto di vista percentuale, non lo è in termini assoluti. Non solo. Forniamo ormai da tempo un servizio di alta qualità e decisamente apprezzato a fronte di un costo che è almeno del 30% inferiore alla media nazionale. Non mi pare una cosa di poco conto. Abbiamo preso questa decisione perché intendiamo garantire un sistema di trasporto pubblico efficiente e di qualità così come ci hanno testimoniato i viaggiatori trentini, aumentati di 3 milioni negli ultimi quattro anni. Dei 22 milioni di passeggeri, il 25% è di fuori città e anche questo dato fa pensare e ci fa chiedere alla Provincia un occhio di riguardo nella distribuzione delle risorse, vista la valenza sovracomunale».

Dunque per l'assessore il ritocco è vitale, ma vuole far notare che le fasce più deboli sono state tutelate (cioè gli anziani). «La riduzione delle risorse è evidente e colpisce tutti. Dobbiamo fare i conti con un settore delicato per il suo valore, ma anche con le necessità di cassa. Dovremo anche studiare meglio il piano di mobilità, magari riducendo qualche corsa fuori dalle ore di punta o in presenza di accavallamenti di linee. Preserveremo invece quelle verso i sobborghi e quelle nelle ore di punta».

Per l'assessore è solo apparente la contraddizione: aumentare il costo degli abbonamenti non significa disincentivare l'uso del mezzo pubblico. «I dati ci dicono il contrario. Il servizio pubblico è apprezzato in quanto comodo e funzionale, tanto che abbiamo registrato un aumento dell'uso proprio per la qualità della proposta. Poi, ripeto, l'aumento in termini assoluti è di pochi euro. A fine anno ci renderà circa 180 mila euro a fronte di un costo annuale di un autobus di 250 mila euro. A nessun amministratore fa piacere aumentare le tariffe, ma diamo la giusta misura a questo intervento che non è certo una "stangata"».

La posizione dell'assessore, però, non convince i sindacati. La Uil minaccia infatti di lasciare il tavolo tariffe della Provincia e si schiera nettamente contro la decisione del Comune di Trento. Prima di tagliare qui, è il nocciolo, la Provincia dovrebbe intervenire girando sul settore le accise sui carburanti. Per Walter Alotti, segretario della Uil, l'aumento dal 10 al 12,5% è iniquo soprattutto alla luce degli aumenti del biglietto orario degli anni scorsi.

«Per reperire altre risorse da destinare al settore delle infrastrutture e del trasporto pubblico - sostiene - si poteva pensare ad una allungamento, una diluizione per maggior tempo, se non ad una riduzione, degli investimenti per Metroland oppure ad una razionalizzazione, un ripensamento della ridonante e costosissima governance delle imprese pubbliche di trasporto provinciale. La Uil da tempo chiede che il rilevante incremento delle entrate Pat dalle accise sul prezzo dei carburanti sia destinato proprio ai trasferimenti provinciali alle politiche del trasporto pubblico».

Sulla questione dell'aumento degli abbonamenti del trasporto pubblico viene espressa anche la netta contrarietà della Cgil: «Questa decisione ci stupisce e ci vede in totale disaccordo - spiega Franco Ianeselli - visto che al tavolo sulle tariffe l'orientamento è stato fin qui, a fronte di un aumento del biglietto, di non toccare gli abbonamenti del trasporto pubblico, perché in questo modo si va a pesare su quella fascia di persone che utilizza l'autobus in modo continuativo, lavoratori e pensionati, vale a dire le fasce più esposte che spesso non hanno la seconda auto in famiglia. E comunque utenti che utilizzando i mezzi pubblici contribuiscono a una mobilità sostenibile. Sarebbero proprio queste fasce di cittadini che andrebbero premiate».













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