femminicidio

Carmela «finita» con una roncola

Si fa ancora più pesante la situazione di Marco Quarta accusato di aver usato due armi nell’aggressione alla moglie



TRENTO. Marco Quarta ha finito la moglie Carmela Morlino a colpi di roncola, tagliandole la gola dopo averla colpita più volte con un coltello da rambo al volto e al tronco. E’ quanto emerge dall’autopsia sul cadavere della povera donna ammazzata dal marito la sera del 12 marzo a Zivignago di Pergine. Quarta, secondo il capo di imputazione firmato dal procuratore Giuseppe Amato e dal sostituto Carmine Russo si era portato dietro due armi e non una soltanto come si era finora ipotizzato. L’agente immobiliare avrebbe prima colpito la moglie con il coltello con una lama lunga 15 centimetri e poi avrebbe usato la roncola per finirla. Secondo l’ipotesi dell’accusa, si sarebbe portato da casa entrambe le armi. Il coltello, poi, gli è stato sfilato dal vicino di casa che era accorso in aiuto di Carmela Morlino, mentre la roncola è stata trovata in un campo vicino. Probabilmente, l’agente immobiliare l’ha gettata prima di fuggire. Gli esami successivi su questa seconda arma hanno provato che è stata usata per finire la donna. Infatti, la roncola è compatibile con tre profonde ferite sul collo di Carmela. Non solo, sulla lama sono state trovate tracce di sangue e capelli della vittima. Un elemento, questo, che aggrava ulteriormente la posizione di Quarta. Il fatto che si sia portato dietro ben due armi dimostra, secondo la Procura, che l’agente immobiliare aveva progettato l’omicidio. La premeditazione, che è una delle aggravanti più pesanti tra quelle contestate a Quarta, sembra difficilmente contestabile. Difficile sostenere che la roncola si trovasse già sul luogo dell’omicidio. Molto più facile dire che Quarta se la sia portata dietro per rendere ancora più micidiale l’attacco alla moglie. Un’aggressione violentissima e brutale. L’autopsia ha evidenziato che la povera Carmela è stata raggiunta da tre fendenti al volto, da cinque al tronco e da tre alla gola, oltre ad altre ferite da difesa alle mani. Quarta le ha sferrato una serie di coltellate violentissime. Poi, secondo quanto raccontato dai testimoni, si è chinato su di lei. A quel punto, secondo l’ipotesi dell’accusa, avrebbe usato la roncola.

Le altre aggravanti contestate dall’accusa sono quelle dell’uxoricidio, dell’aver agito per futili motivi, dell’aver agito con crudeltà seviziando la vittima e, infine, di aver agito davanti a dei bambini. L’aggravante di di aver ucciso la moglie è oggettiva e quella della premeditazione, dopo che è emerso il particolare delle due armi usate per massacrare la donna, sembra molto salda. L’avvocato difensore di Quarta, Luca Pontalti, ha spiegato che il suo cliente aveva portato con sé il coltello perché lo doveva poi consegnare a un amico. Ma sarà più difficile giustificare il possesso della roncola. Se dovessero restare in piedi almeno lòe due aggravanti più importanti per Quarta si farebbe sempre più probabile una condanna a 30 anni di prigione. Infatti la pena per l’omicidio aggravato è l’ergastolo, ma con la scelta del rito abbreviato si potrebbe scendere a 30 anni. E questo sembra essere l’esito del processo per l’omicidio di Zivignago. L’avvocato Pontalti, però, sta lottando per evitare la sentenza più scontata. Per questo ha messo a disposizione della parte civile, ovvero dei suoi due figli di 7 e 4 anni, tutti i suoi beni. Si tratta di metà della casa di Zivignago, di un terzo di un appartamento che la coppia aveva comprato a Trento nella prospettiva di trasferirsi in città per far frequentare ai bambini le scuole medie e di metà della nuda proprietà della casa di famiglia dove vivono i suoi genitori a Varese. L’obiettivo è quello di dimostrare buona volontà nel tentativo di risarcire, sia pur parzialmente, le parti civili. La difesa depositerà anche una perizia psichiatrica del dottor Bincoletto secondo il quale Quarta ha avuto forti turbe psichiche a causa di un’infanzia difficile per i metodi educativi eccessivamente duri del padre. (u.c.)













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