Caritas: «Troppi i nuovi poveri»

Il direttore Calzà: ormai anche uno stipendio non basta per vivere. Ma il fenomeno emerge solo durante le festività


di Giuliano Lott


TRENTO. Superata l'ansia per la fine del mondo pronosticata dai Maya, sarà un Natale difficile per le decine di senzatetto e persone di gravi difficoltà che vivono in Trentino. A renderlo più confortevole sarà lo sforzo di volontari e associazioni che seguono da vicino la fascia più indigente della popolazione. «Lavoriamo tutto l'anno all'assistenza dei bisognosi, per Natale non faremo nulla di particolare» racconta il direttore della Caritas Roberto Calzà. Domani sarà inaugurato il Km 354 a Rovereto, la ex casa cantoniera utilizzata per anni come rifugio di fortuna da senzatetto e emarginati, più volte sfollata fino a quando la Fondazione Comunità Solidale assieme ad altre realtà non vi ha messo mano per creare una vera struttura di accoglienza. «Abbiamo coinvolto nei lavori volontari e senza dimora, che da emarginati si sono sentiti protagonisti. Il km 354 diventerà un punto di riferimento importante. Domenica è la Giornata della carità, un valore fondante della chiesa cristiana, e nell'occasione ci occuperemo di sensibilizzare le varie parrocchie su questo importante aspetto. Raccoglieremo anche delle offerte, che servono a finanziare l'attività a favore dei poveri. Per Capodanno abbiamo invece in programma una cena comunitaria. A differenza degli anni scorsi, quando accoglievamo tutti in Seminario, questa volta allestiremo diverse strutture, Casa Briamasco, la Bonomelli e altre. Ci sono già decine di volontari iscritti per questo servizio. L'anno scorso erano una cinquantina, credo che riusciremo a raggiungere una quota analoga anche questa volta». La fascia della povertà si sta ampliando, conferma Calzà. «Abbiamo incontrato molti nuovi poveri attraverso i nostri quattro sportelli del Credito solidale di Trento, Rovereto, Mezzocorona e Pergine. Grazie al sostegno delle Casse rurali in questi tre anni abbiamo finanziato 178 persone, su poco meno di 700 richieste, per un importo di oltre 300 mila euro. Si tratta di persone con un reddito, uno stipendio o una pensione, che però sono insufficienti per affrontare le necessità quotidiane. C'è una richiesta forte, e le difficoltà stanno aumentando. Nel 2012, su 131 ascolti, sono state solo 37 le persone finanziate». Ma come? Se le persone che richiedono sostegni finanziari diminuiscono non è un buon segno? «Al contrario: sono sempre di più quelli che non hanno nemmeno i requisiti per accedere a un finanziamento. Alcuni rinunciano addirittura alla richiesta di aiuto. Altri vengono vagliati ma non ci sono i presupposti per la restituzione del credito. Il nostro tasso di insolvenza è attorno al 10%». Più o meno sui livelli delle banche. Considerata la clientela, non è un brutto segnale. Significa che la stragrande maggioranza riesce a restituire ciò che ha avuto. «Questi dati vanno interpretati. Per il tipo di servizio che facciamo, sono insolvenze comunque rilevanti. E poi è cambiata soprattutto la tipologia delle spese a cui la gente non riesce a far fronte. Fino a poco fa, si rivolgevano a noi persone che riuscivano ad affrontare spese straordinarie. Oggi non sono nemmeno in grado di assolvere all'ordinario. Stipendi e pensioni non bastano per pagare l'affitto, o le bollette». Chi sono i nuovi poveri? «Stranieri e italiani, più o meno 50% per parte. L'età media è compresa tra i 40 e i 50 anni, frequenti le famiglie e qualcuno ha figli. Alcuni sono anche anziani. Parliamo di gente che lavora, beninteso, o che gode di una pensione. Ora stiamo pensando a una soluzione anche per chi rimane escluso dai parametri del Credito solidale, ma non è semplice». E' chiaro che di questo passo lo stuolo dei poveri aumenterà. «Credo sia giunto il momento di ripensare in maniera radicale il nostro welfare e l’intero sistema economico. Noi possiamo mettere in campo solo soluzioni tampone, ma qui servono modifiche strutturali». Manca soprattuto il lavoro... «Da gennaio anche noi potremo offrire alcune opportunità nei nostri negozi di abiti usati. Ma si tratta solo di un paio di posti di lavoro».

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