Boom dei voucher: più 19% nel turismo

I buoni lavoro nel 2016 sono aumentati di 400 mila. Zanotelli (Inps): «Il problema non è lo strumento, ma l’uso distorto»


di Chiara Bert


TRENTO. Erano stati 1 milione e 620 mila nel 2015, sono saliti a 2.067.000 nel 2016. I «buoni lavoro», meglio noti come voucher, venduti in Trentino nell’ultimo anno sono cresciuti di 400 mila: più 27,6%. «In linea con le altre regioni», sottolinea il direttore regionale dell’Inps Marco Zanotelli, che proprio ieri ha chiuso i dati di dicembre. Nel terzo rapporto stilato nei giorni scorsi dalla Uil nazionale, la provincia di Trento risulta al 21° posto nella classifica delle regioni italiane guidata da Milano (9,7 milioni di voucher nell’anno appena concluso) e con l’Alto Adige settimo con ben 3,6 milioni.

Concepiti per pagare prestazioni di lavoro accessorio, lavori occasionali e discontinui, l’ambito di applicazione dei buoni lavoro è stato progressivamente ampliato fino ad arrivare alla cifra record di 145 milioni di tagliandi staccati nel 2016 in Italia, secondo la stima della Uil, contro i 115 milioni dell’anno precedente e i 69 milioni del 2014. Un’esplosione che ha spinto il governo Renzi ad attuare una stretta, prevedendo l’obbligo di rendere tracciabili i voucher: «Bisognerà aspettare i prossimi mesi per capire se avrà prodotto un effetto», spiega Zanotelli.

Di certo c’è che sui voucher ora pende uno dei referendum presentati a livello nazionale dalla Cgil che ne chiede l’abolizione. La Corte Costituzionale si esprimerà a brevissimo sull’ammissibilità dei quesiti, intanto il pressing del referendum ha riacceso il dibattito su questo strumento che consente all'imprenditore di pagare persone che prestano opera senza un classico contratto di lavoro. Cresce la spinta sul governo perché intervenga con alcuni limiti per evitare situazioni di abuso.

E in Trentino? I dati dell’Inps (nella tabella) indicano che l’uso dei buoni lavoro nelle attività per cui sono nati - l’agricoltura - è stabile (-0,3% rispetto al 2015), mentre è in aumento in altri settori, in primis nel turismo (+ 19%) che in Trentino rappresenta quasi il 30% del Pil provinciale, nei lavori domestici (+14,3%) e nel commercio (+7,7%).

«Il problema non è lo strumento, ma l’uso distorto che se ne fa», osserva il direttore dell’Inps. «Il pagamento con voucher deve rimanere nell’alveo del lavoro accessorio-occasionale, ma l’aumento che si è avuto in questi anni indica che così non è».

Quanto al Trentino, Zanotelli ricorda che «nella nostra provincia non ci sono grandi aziende, come in Lombardia o nel Lazio, che acquistano grossi stock di voucher, un fenomeno che da noi non si è registrato. Quello che possiamo dire è che da noi i buoni lavoro sono serviti a bonificare il lavoro grigio. Il nostro osservatorio monitora costantemente le attività, ma va anche detto che in Trentino il primo controllo lo fanno le stesse aziende e i lavoratori, di solito i datori di lavoro cercano di mettersi in regola». Ciò che preoccupa, piuttosto - rimarca il direttore dell’Inps - è che dopo aver ampliato le maglie dello strumento per combattere il lavoro nero soprattutto al Sud, proprio nel Mezzogiorno i risultati non siano così incoraggianti».

A livello locale, assicura Zanotelli, «saremo sempre più attenti soprattutto nei settori dove l’utilizzo è in crescita come il turismo, ben sapendo che le situazioni vanno analizzate singolarmente, in ogni campo si può nascondere un abuso». Rispetto alle contromosse di cui si discute a livello nazionale, Zanotelli concorda sul fatto che «oggi è necessario restringere i campi di uso dei voucher», «le grandi aziende probabilmente non ne hanno bisogno». Al tempo stesso, avverte, «bisogna fare attenzione a non rendere lo strumento troppo burocratico, il suo vantaggio sta nell’essere facile, lo dimostra l’acquisto on line e dai tabaccai». Mettere paletti sì ma non abolire, dunque: «Guardiamo agli altri Paesi, i voucher esistono ma sono residuali».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano