«Basta illusioni, ma il metró si può fare»

L’assessore Marchesi incalza la Provincia: «Priorità alla tratta stazione-Not. La funivia del Bondone? Opera difficile»


di Chiara Bert


TRENTO. «Anche sulla mobilità negli anni abbiamo subito varie suggestioni. Oggi non è più tempo di cullare illusioni, abbiamo studiato opzioni praticabili e abbiamo bisogno di capire se la Provincia le condivide». Da assessore comunale alla mobilità di Trento, Michelangelo Marchesi si ritrova immerso in pieno, e non da oggi, nel dibattito sulle grandi opere. Ed è convinto che qualcosa, del «libro dei sogni», possa e debba essere salvato.

Assessore Marchesi, cominciamo dalla metropolitana di superficie. Se ne parla da un decennio. Trento la vedrà mai?

È uno dei temi forti del nostro piano della mobilità, che contiene è vero la suggestione della Val, la metropolitana leggera sul modello di quella di Torino, ma prospettava già opzioni più praticabili che valorizzassero ciò che esiste. La congiuntura economica ha spinto in questa direzione e su questo abbiamo lavorato negli ultimi anni.

Per arrivare a cosa?

Ad un progetto di massima che prevede il prolungamento e potenziamento della Trento Malé da Lavis a Mattarello. Da Lavis alla stazione si sfrutterebbero i binari esistenti eventualmente raddoppiandoli. Dalla stazione fino al Not (il nuovo ospedale in località al Desert, ndr) un nuovo tratto in aderenza alla ferrovia del Brennero, con una disponibilità di massima delle Fs. E dal Not verso sud ci sono spazi più aperti per costruire un altro binario.

Costo dell’opera?

Per l’intero progetto si parla di 180 milioni di euro. Ma naturalmente si tratta di un intervento che si può immaginare di realizzare per tappe. Il primo obiettivo per noi è sicuramente la tratta più trafficata, dalla stazione al nuovo ospedale, una struttura che per la sua portata richiede anche un accessibilità adeguata.

Che tempi si ipotizzano?

Per questa prima tratta i tempi sarebbero compatibili con la costruzione del Not (2017, ndr). Teniamo conto che complessivamente parliamo di un’opera che si sviluppa interamente in superficie, se si esclude un sottopasso nell’area di via Fontana per collegare tra loro i binari della tratta nord e di quella sud. Certo tutto dipende dalla volontà e dalle risorse a disposizione.

Al nuovo presidente della Provincia Ugo Rossi cosa dirà e cosa chiederà il Comune di Trento?

Noi abbiamo studiato un piano di collegamento sull’asse nord-sud, che per noi è la priorità assoluta perché va ad intercettare un flusso di persone consistente, continuo e certo: non servirebbe solo alla città per togliere traffico dalle strade, ma avrebbe una valenza provinciale perché lungo quell’asse si collocano uffici, poli commerciali, scuole, il centro storico, il futuro ospedale. Negli anni abbiamo subito varie suggestioni, ora che abbiamo studiato opzioni praticabili, oggi dobbiamo capire quanto di questo progetto è condiviso dalla Provincia. Si può discutere della tempistica, ma occorre decidere. Se certi interventi non si ritengono fattibili, è meglio dirlo.

Nel piano della mobilità ci sono anche altri progetti, per esempio il collegamento con la collina est. Archiviato?

Affatto. Il collegamento con la funicolare dalla città a Mesiano e Povo è un tassello successivo. Da quest’estate con la nuova rettrice c’è stata una buona accelerazione e abbiamo lavorato su alcune soluzioni congiunturali e semplici: più autobus snodati, percorsi alternativi, diversificazione dell’orario di inizio delle lezioni. Ora è necessario ragionare anche a medio-lungo termine. Vediamo, con le risorse di oggi, cosa è possibile fare per dare risposte alle esigenze dei cittadini.

Rientra tra queste esigenze la funivia del Bondone?

Quell’opera è legata ad altri ragionamenti, di sviluppo turistico. Ha una sua forte suggestione, perché guarda a una montagna più sostenibile, ma fatica a coniugarsi con la congiuntura attuale e con l’edificazione del Bondone.

La considera difficilmente sostenibile?

C’è sicuramente un problema di sostenibilità per il futuro: si possono fare le simulazioni più credibili, ma è difficile che un’opera del genere possa avere un alto livello di copertura dei costi di gestione visto che per molti mesi sarebbe sottoutilizzata. E poi in Bondone c’è stata una crescita urbanistica dissennata per cui oggi non c’è un unico paese da servire ma tanti agglomerati da raggiungere.

E lo spostamento della stazione delle corriere all’ex Sit?

L’attuale stazione è datata e di scomodo accesso. Spostarla permetterebbe di liberare quell’area e di valorizzare l’ex Sit con spazi per la sosta e attività commerciali che metterebbero in gioco anche finanziamenti privati. La nuova stazione potrebbe essere collegata con un tapis roulant a quella dei treni e avrebbe vicino anche il parcheggio di attestamento previsto alla Motorizzazione. Per questo non sarebbe uno spreco.

Selezionare le opere non sarà comunque facile...

Per anni si sono spesi centinaia di milioni per nuove strade e nessuno ha detto nulla. Quando si parla di ferrovia si alza subito il fuoco di fila contro gli sprechi. Noto un’indignazione a due velocità. Purtroppo in Trentino la stagione della mobilità sostenibile è cominciata quando i rubinetti stavano per chiudersi. Oggi occorre giocarsi le proprie carte sulle opere più strategiche, senza rinunciare a qualche investimento importante che guarda alla mobilità dei prossimi decenni.

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