Arrestato dopo l’esplosione

Carlo Gramola è piantonato al S.Chiara: a casa sua due casse di proiettili. Tradito da un detonatore


di Luca Marognoli


TRENTO. Ricoverato in chirurgia con 30 giorni di prognosi e gli agenti di polizia all’esterno della stanza, a piantonare. Carlo Gramola, il 67enne rimasto vittima dell’esplosione di giovedì, nel garage della sua abitazione di via alla Val 39 a Povo, ieri si è svegliato sofferente per le gravi ferite riportate ma anche in stato di arresto per detenzione di armi da guerra: secondo la legge in materia (2 ottobre 1967, n. 895) rischia da 1 a 8 anni di reclusione. Stamane in ospedale si terrà l’udienza di convalida. La polizia ha rinvenuto nella casa del fabbro in pensione un paio di cassette per le mele contenenti proiettili e cartucce, oltre a 6 chili di polvere da sparo, un paio di etti di balistite (usata per gli inneschi) e alcuni metal detector. Da appassionato del periodo bellico aveva anche il garage pieno di reperti, come utensili e medaglie. Il dirigente della Squadra mobile, Salvatore Ascione, ha spiegato ieri che la misura detentiva era una conseguenza obbligatoria e non c’è alcun intento persecutorio nei confronti del ferito, che con un eventuale patteggiamento dovrebbe cavarsela con sei mesi. Il capo dell’ufficio di polizia giudiziaria della questura ha però colto l’occasione per mandare un messaggio ai “recuperanti” e a tutti coloro che vanno a caccia di - o semplicemente ritrovano casualmente - esplosivi in montagna: «In questi casi bisogna prestare la massima attenzione, perché il rischio della vita propria e delle persone a sè vicine è altissimo. Fatti simili lasciano sgomenti: se ci fosse stato accanto un adulto o un ragazzo avrebbe potuto riportare danni permanenti».

I “collezionisti” di reperti non si limitano a portarsi a casa le armi, ma spesso le inertizzano per recuperare la polvere nera e la balistite. Secondo la polizia Gramola aveva messo in una morsa il detonatore proprio con l’intento di svuotarlo. Nell’atto dello stringerlo però quello sarebbe esploso. «I detonatori sono molto sensibili agli urti e al calore», ha spiegato l’artificiere della questura. «La loro forma è simile a quella delle cartucce e sono lunghi come la metà di una penna Bic». Solitamente contengono un grammo e mezzo di polvere, che basta però a fare esplodere anche ordigni come quello usato per la strage di Capaci. Ora sulle armi rinvenute sarà effettuata una perizia per stabilirne il potenziale.

Gramola ha tre dita compromesse e ferite diffuse all’addome: queste ultime, causate dalle schegge, potrebbero rendere necessario un intervento.













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