Il lutto

Addio a Anna Gaddo, regina della moda

Si è spenta a 81 anni la stilista con la passione per l’arte sartoriale. Le sue sfilate, uno dei momenti di mondanità cittadina


di Giorgio Dal Bosco


TRENTO. Se ne è andata Anna Gaddo, la sarta di alta moda trentina, certamente la più conosciuta. L'ha fatto con stile, in silenzio, a casa sua, nella sua palazzina, il teatro delle sue creazioni stilistiche. Se l'è portata via a 81 anni una malattia che l'ha colpita sei mesi fa quando ancora aveva voglia di lavorare. Anzi, voglia di vivere e di lavorare l'ha avuta fino a un mese fa. Soltanto negli ultimi giorni aveva staccato la spina della sua positività, del suo amore per la vita, della voglia ancora e sempre di stupire e di stupirsi, del suo entusiasmo. Negli ultimi giorni la figlia Cristina, che collaborava con lei da 35 anni e che da alcuni anni era la vera pilota dell'atelier – ma sempre in sintonia con la madre -, non le portava più su in stanza un qualche lavoro per una sua valutazione estetica. Soltanto poche persone e affezionate sapevano della sua malattia.

Lei, Anna, viveva per lavorare, anzi no, viveva per creare, per creare volumi con i tessuti, e per accostare ai tessuti i colori giusti. “Filmava” con gli occhi la sua nuova cliente o la cliente cui gli anni avevano tolto un po' di leggerezza, ne fissava le movenze, il taglio della corporatura, memorizzava capelli, sguardo, occhi, vezzi, età. Poi, magari di notte, nelle lunghe notti insonni, disegnava con la mente il vestito che poi, di giorno, con l'aiuto di Cristina confezionava come pezzo unico, offrendolo alla cliente sempre soddisfatta.

Diceva: «Nel mio lavoro l'importante è lavorare per se stessi e sperare, ma soltanto sperare che il tuo prodotto piaccia agli altri. Concepisco le sfilate come una mia soddisfazione personale intima». «Attenzione – ci disse un giorno con un'immagine davvero poetica – l'ispirazione di un artista è come la dea bendata. Bisogna coglierla al volo. È un cerbiatto che vedi e che, in un attimo s'infila nel bosco per riapparire soltanto dopo alcuni giorni».

Anna Gaddo, che, da signorina si chiamava Marconi sembrava che vivesse per lavorare e non che lavorasse per poter vivere. Al di là di questa forzatura espressiva che vuole suggerire quanto grande fosse la sua passione per l'alta moda, c'è da rimpiangere il suo “credo” nella professione che le faceva dire spesso, diciamola tutta, anche con una rabbiosa vis polemica che Trento non deve essere soltanto il Castello del Buonconsiglio, il Monte Bondone, lo spumante Ferrari, le mele della Val di Non e poco altro. Sosteneva che un'icona del Trentino avrebbe potuto essere anche la moda, anzi l'alta moda.

Non parlava soltanto pro domo sua, ma anche per la stima che aveva per qualche sua collega di cui ha sempre detto un gran bene. E così con le sue poche forze finanziarie e, viceversa, attraverso le sue grandi e legittime ambizioni, negli ultimi tre decenni del secolo scorso alle sue importanti sfilate aveva saputo attirare a Trento nella sua palazzina in via dell'Osservatorio, - soprattutto di questa stagione tardo autunnale - frotte e frotte di famose concittadine con relativi mariti e personaggi della mondanità nazionale: cantanti, attori, giornalisti. Quei sabati sera la zona limitrofa era presidiata da vigili urbani, da vigili del fuoco e dalle forze dell'ordine.

Talvolta, addirittura, la palazzina dove viveva e lavorava doveva essere opportunamente rinforzata e puntellata per sostenere il grande viavai di vip.E la serata, imperniata sulla sua nuova collezione via via indossata dal fior fiore di mannequin, era presentata – lo fu per molti anni – dalla giornalista Rai specializzata nella moda: l'indimenticata Bianca Maria Piccinino, un'autentica icona giornalistica dell'alta moda. Se ai tg di Rai Uno c'era da mostrare un servizio per l'alta moda era lei che lo confezionava. E per Anna Gaddo, Bianca Maria Piccinino aveva sempre tempo, voglia e stima per raggiungere Trento e fare microfono in mano un'ottima presentazione. Andata in pensione Bianca Maria, il suo posto, almeno per qualche occasione, era stato preso da Maria Concetta Mattei, anche lei giornalista che vestiva spesso Gaddo.

Ma perché Gaddo e non Marconi che era il suo ero cognome? Perché – sospira adesso la figlia Cristina – voleva che anche suo marito Renato potesse vantare un po' di gloria e di soddisfazione. Morto undici anni fa, Renato era la sua ombra: era lui che sapeva, magari, anche anticipare le esigenze o i desideri della moglie nel gran bailamme che veniva necessariamente a crearsi con certe sfilate. E tra i presenti in quelle serate c'erano nomi altisonanti della mondanità, del mondo canoro e di quello giornalistico. Ne citiamo a memoria alcuni: Riccardo Fogli, Jimmi Fontana, Nico Fidenco, Dino, Daniele Piombi, i Dik Dik, Mal, Memo Remigi, i Righeira, Michele, Enrico Montesano, Bobby Solo, Enrico Ciacci. Pure fuori Trento e in giro per il mondo dove, assieme ai vari Valentino, Krizia e tanti altri sfilavano anche le sue creazioni, vi sono stati personaggi di gran lignaggio, donne che hanno “vestito Gaddo”: Mariolina Cannuli, Minnie Minoprio, Milva, Sabina Ciuffini, a Teheran Farah Diba, Paola del Belgio.

Ma quali sono state infanzia e adolescenza di Anna Marconi Gaddo? Con quella sua grande gioia di vivere amava raccontare di essere nata sarta con ago e filo in mano e che al seno materno avrebbe preferito un rocchetto di filo. E già a nove anni Anna, nata a Civezzano, aveva creato un suo primo gonnellino arricciato a fiorellini. «Ricordo bene quel gonnellino, ma non ne ho nostalgia». «Guai – chiosò – avere nostalgia e rammarichi. Io guardo avanti, senza fermarmi mai». E non si è fermata mai dando giustamente anno dopo anno spazio alla figlia Cristina che proseguirà nel filone della mamma.

 













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