TRENTO

Tenta di truffare sacrestano, a processo

Imputato un uomo che aveva cercato di spillargli denaro con la scusa di un incidente. Tradito dalla voce della figlia



TRENTO. E' stato tradito dalla voce della figlia un 36enne marchigiano che avrebbe cercato con vari espedienti di spillare del denaro con l’inganno a un sacrestano. Ora è finito a processo con una sfilza di accuse: tentata truffa continuata e aggravata, sostituzione di persona e minacce.

I fatti sono stati denunciati nel settembre 2015, più di due anni fa. Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe telefonato in canonica (presso una parrocchia di Trento) dicendo di chiamarsi con un nome risultato poi falso, di essere nativo dello stesso paese del sagrestano e di conoscerlo. Il numero del chiamante era oscurato, ma il collaboratore parrocchiale aveva continuato ad ascoltarlo. Il sedicente conoscente aveva aggiunto di essere rimasto vittima di un incidente stradale e di trovarsi con le due figliolette di uno e quattro anni in autostrada, nei pressi di Bergamo, mentre la moglie era finita in ospedale a causa delle ferite riportate nel sinistro. L’auto invece - sempre stando all’uomo al telefono - era stata portata via da un carro attrezzi. Poi la richiesta di aiuto economico per recuperare l’auto: 572 euro, comprensivi di Iva al 22%, da versare in tabaccheria tramite ricarica Postepay sul conto di una donna (la madre dell’imputato).

Il sacrestano era perplesso e per rendere più credibile il suo racconto l’uomo - secondo l’accusa - gli aveva passato un sedicente carabiniere che gli aveva fornito anche il numero telefonico della caserma dove prestava servizio. Ma dalle verifiche effettuate dal collaboratore parrocchiale, era emerso che a quel recapito rispondeva una signora di Varese: da qui la decisione di richiamare il sedicente conoscente, il quale questa volta gli aveva passato due uomini che avevano riferito di avere caricato la sua auto su un carro attrezzi, precisando che se non fosse stata pagata subito la somma richiesta, il conto da pagare sarebbe lievitato fino a 3 mila euro. La parte offesa aveva cercato di saperne di più, chiedendo all’uomo dove abitasse e lui gli aveva risposto che stava presso la suocera in via Benevoli. Ma era stata la seconda domanda a far fiutare la truffa al sacrestano: quest’ultimo aveva voluto parlare con la figlia più grande dell’individuo che però aveva la voce di una donna matura, non di una bambina di 4 anni. Quando si era sentito dire dalla sua vittima designata che mai gli avrebbe versato un euro, il 36enne aveva iniziato a minacciare che lo avrebbe diffamato in chiesa davanti ai fedeli e a due sacerdoti. L’udienza è stata rinviata.













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