Sandro Canestrini nella storia da protagonista 

La scomparsa. Ammalato da tempo, si è spento nel sonno a 97 anni nella sua casa di Egna Avvocato negli storici processi ai terroristi altoatesini e per la tragedia del Vajont Uomo legato agli ideali della sinistra, partigiano, è stato consigliere comunale e provinciale


Luca Marsilli


ROVERETO. Il 3 febbraio aveva compiuto 97 anni. La notte scorsa si è spento nel sonno, nella sua casa di Egna, la moglie Martha al suo fianco, Sandro Canestrini. Piegato da una malattia che più volte negli ultimi 10 anni lo aveva messo a durissima prova, aveva sempre beffato sia i medici che l’unico dio, in cui credeva, il fato. Tanto che anche quando sabato scorso le sue condizioni erano sembrate aggravarsi, i familiari e gli amici più cari avevano quasi dato per scontata l’ennesima ripresa. Ma stavolta non c’è stata.

Riassumerne la vita e tratteggiarne la figura non è semplice perché non si sa da dove cominciare. Dalla Resistenza? Dalle mille battaglie da avvocato? Dalla politica e dal suo attraversare 60 anni di sinistra, con tutti i suoi travagli?

Nella storia da protagonista

Se c’è un roveretano che ha vissuto da protagonista la storia del suo tempo, è Sandro Canestrini. Perché lui la storia se l’è sempre andata a cercare. Inseguendo ideali ai quali è stato fedele fin dalla prima giovinezza e che si potrebbero riassumere nel diritto di ognuno al rispetto e alla libertà. Lui stesso in una intervista di ormai troppi anni fa, di fronte alla ammirazione per una vita forense legata agli eventi più noti e importanti della vita repubblicana, spiegava serafico: «Partiamo da un dato di fatto: ho potuto sempre scegliere cosa fare, in cosa impegnarmi, perché partivo dal privilegio di non dover per forza guadagnare col mio lavoro. Ho fatto l’avvocato col massimo impegno ma per passione. So di avere avuto anche fortuna».

Alla professione era arrivato nell’immediato dopoguerra. Laureato a Padova con Norberto Bobbio, nel 1948 era avvocato. Prima, la Resistenza che lo aveva visto in prima linea contro nazisti e fascisti.

L’impegno politico

Politicamente, era in quel momento legato al Pci ma lo avrebbe lasciato all’inizio degli anni Sessanta, avvicinandosi al Movimento studentesco di Sociologia e ai movimenti sindacali ed operai. Nel 1962 proprio per il Pci era entrato in consiglio regionale, ma aveva presto lasciato il partito per il gruppo misto. Negli anni Settanta era stato a fianco di Pannella e dei Radicali nelle marce antimilitariste, ma senza mai entrare nel partito. Memorabile una contestazione al presidente della Repubblica, Saragat, a Trento il 3 novembre 1969 per celebrare la Vittoria. Canestrini era nel gruppo che bloccò la macchina del presidente e la vulgata vuole che lo abbia apostrofato con un “E lei sarebbe un socialista?”. Nel 1978 fu con Alex Langer e Marco Boato tra i fondatori di Nuova Sinistra- Neue Linke e da capolista fu nuovamente eletto in consiglio regionale, ma lasciò lo scranno a Marco Boato. Nella sua militanza politica, sempre improntata alla massima autonomia sia di pensiero che di azione, ha seguito sempre la barra dei propri ideali. Spostandosi al mutare di orientamenti di partiti e movimenti, tra l’uno e l’altro. Ma in tutti portando le stesse idealità.

Con la vita professionale, ha fatto più o meno la stessa cosa. I diritti costituzionali (alla vita, al lavoro, alla manifestazione delle proprie opinioni, alla difesa) erano il cardine. E li ha seguiti nei casi più clamorosi di mezzo secolo. Difensore degli scampati alla risiera di San Sabba a Trieste come delle comunità ebraiche al processo al boia del lager di Bolzano, Mischa Seifert. Ma anche delle parti civili al processo per il Vajont, dei “terroristi” altoatesini al processo di assise a Milano, di Giangiacomo Feltrinelli (1971). Lunga anche la sua stagione in difesa degli obiettori di coscienza davanti al Tribunale Militare, quando (fino al 1972) erano considerati dalla legge renitenti alla leva.

Cittadino di Erto e Casso

Numerosissimi i riconoscimenti e le onorificenze che questa battaglia lunga una vita gli hanno portato. Alcune sue arringhe sono diventate storia, pubblicate e studiate come emblemi di un’epoca. Tra le onorificenze vanno ricordate, anche perché lui stesso ci teneva molto, la Verdienstkreuz del Land Tirol (nel 2006) e la cittadinanza onoraria dei comuni di Erto e Casso (2003).

In quella occasione aveva tenuto un discorso in cui traspariva immutata la stessa passione civile di quando aveva affrontato il processo. E infondo, tutti i processi e la sua stessa vita. «Avete ragione a sentirvi defraudati perché così è stato. Ritenemmo una presa in giro lo spostamento del processo del Vajont a L'Aquila per evitare "disordini sovversivi". Così come ritenemmo una presa in giro le due sconfitte giudiziarie in primo grado e in appello. Poi intervenne la Cassazione e la sentenza del Vajont fece storia. Da allora chi intraprende un'attività industriale non può fregarsene della vita altrui. Purtroppo non è cambiato molto da allora, anzi, il successivo e analogo disastro di Stava dimostra che c'è ancora molto da lavorare su questo fronte». E ancora: «La Cassazione ci diede ragione sulla prevedibilità della morte dei duemila innocenti del Vajont. Ma non tutti erano d'accordo con i supremi giudici. Secondo questi detrattori, correre in macchina a velocità folle e contromano non è indice di pericolo. Adottarono lo stesso sistema con queste terre: si disinteressarono della gente che viveva qui e andarono avanti con i loro progetti, sterminando interi paesi».

L’ ultimo saluto

Sandro Canestrini lascia la moglie Martha e i quattro figli, Gloria e Duccio, nati nel suo primo matrimonio con Nives Fedrigotti, scomparsa un anno fa, e Alessandro e Nicola. Il funerale sarà celebrato in forma strettamente privata, a Rovereto. Una cerimonia pubblica di ricordo si terrà venerdì alle 17 in sala Caritro.















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