L'INTERVISTA daniela simoncelli 

«Relazioni umane,  l’arma vincente anche nella scuola» 

Cambio al vertice del don Milani. Dopo nove anni la dirigente  da San Giorgio andrà a guidare tre istituti. «Lascio una famiglia cresciuta moltissimo. Questa scuola sa accogliere e sa preparare»


ANNA MARIA ECCLI


rovereto. Quando, nove anni fa, è subentrata a Silvio Cattani nella guida dell’Istituto don Milani, Daniela Simoncelli con i suoi 36 anni era la dirigente scolastica più giovane del Trentino. Nella scuola professionale dedicata al prete di Barbiana ha ricoperto questo ruolo con passione e coerenza fino ad oggi. Ma dal prossimo anno scolastico, per effetto del normale avvicendamento, sarà trasferita in ben tre sedi diverse, ma dalla stessa vocazione, l’arte. Si tratta del liceo Depero, a Rovereto, del Vittoria e del liceo coreutico Bonporti, a Trento. Un salto acrobatico, che dall’ambito turistico e socio-sanitario la condurrà a confrontarsi con contesti, tipologia d’utenza e organizzazioni diverse. Le sfide, tuttavia non sono mai state tali da piegarne la volontà d’acciaio di questa giovane donna che con passione ha sempre cercato di coniugare talento da regista con afflato umano. Tanto da farle sentire che con il don Milani “lascia una famiglia”.

Originaria di Lizzana, figlia di quel Carlo Simoncelli che la comunità tutta ricorda ancora per il suo intenso impegno nel volontariato, e di Gabriella Robol, maestra di scuola materna fino a un anno fa, questa preside (ci perdonerà la qualifica scorretta, ma molto più felice di “dirigente”, più corrispondente al sogno di un primus inter pares) ha fatto della cura delle persone e delle relazioni il centro del proprio decalogo personale. Il che è tutt’altro che scontato.

Dunque, è arrivato il momento dei saluti, preside.

Già, per un dirigente il momento giusto per lasciare non arriva mai, ci sono sempre mille cose avviate da completare. Forse è proprio meglio che ci sia qualcuno di esterno che ti dica “basta”, che tu debba semplicemente accettare. Di sicuro provo dispiacere, perché al don Milani lascio una famiglia, ma sarà in ottime mani. Certamente qui ho trascorso una parte significativa della mia vita, ho docenti, studenti che conosco forse uno a uno, amicizie, persone con le quali si sono sviluppati rapporti di stima e di fiducia.

Il don Milani non è una tipologia di scuola facile da dirigere.

E’ una scuola vulcanica, piena di iniziative. La mia forza è sempre stata quella di favorire le relazioni umane. Credo che nella vita sia questa l’arma vincente. Mi auguro di poter fare la stessa cosa anche nelle scuole in cui andrò. Il dirigente da solo non fa mai nulla, ha sempre bisogno di un gruppo di lavoro motivato, che crede in quello che sta facendo.

La cosa più difficile?

E’ trovare per ognuno il giusto ruolo, ciò per cui una persona si sente predisposta. Solo così si può passare “voglia di fare” ai ragazzi; li si motiva se si è motivati.

Lei deve lasciare proprio quando è in ballo la riforma dell’istruzione professionale, a livello nazionale.

Sì, il don Milani è l’unico istituto, in provincia, a indirizzo socio-sanitario, accanto a quello turistico e per la riforma abbiamo lavorato con la rete nazionale degli istituti professionali. Questo mi ha arricchita molto. Per la parte svolta, ma molto resta ancora da fare, abbiamo cercato di sfruttare al massimo il margine di autonomia concesso. Ora la palla passerà al nuovo dirigente Paolo Chincarini.

Scusi la provocazione, ma a volte sembra che il dirigente sia poco più della longa manus dell’apparato politico-istituzionale. Cosa ne pensa?

Siamo sicuramente gli intermediari tra amministrazione e corpo docente e abbiamo il compito di mediare, filtrare, ma non siamo la controparte dei docenti. Abbiamo il compito di non fare prevalere la burocrazia e di dimostrare che “convinzione” è diverso da “imposizione”.

Qual è il suo stato d’animo, oggi?

Detto del mio dispiacere per quanto lascio, ho, naturalmente, tanta curiosità per il contesto che mi aspetta. Dovrò capirne l’organizzazione, calcolare le risorse, scoprire nuove potenzialità…

Il contesto artistico è abbastanza lontano da quello conosciuto al don Milani.

Per questo è stimolante. Ecco, vorrei riuscire a mantenere, e semmai aumentare, la qualità di quanto troverò e vorrei che il contesto continuasse ad essere aperto al territorio.

Nessun timore, allora?

Uno sì, conoscendomi. Tendo ad essere sempre presente, è molto strano che io possa stare via anche solo un giorno dalla scuola, ma questa volta lo dovrò fare visto che le sedi sono tante. Dovrò lavorare su di me, accettando di non poter essere ubiquitaria, ma soprattutto dovrò poter contare su uno staff unito e collaborativo.

Il lavoro, però, non sarà totalizzante, nella sua vita.

No, ho anche tanti hobby, trekking, corsa, montagna, non sto mai ferma… e sono zia di due nipotini, figli di mia sorella, più altri quattro dalla parte del mio compagno. Zia… che tende a viziare.

Che ricordo ha di suo padre, Carlo Simoncelli, ancora nel cuore di tutta la comunità di Lizzana?

Da lui ho proprio imparato l’attenzione alla comunità e anche il don Milani è scuola aperta al territorio, non a caso abbiamo lavorato molto anche nel settore dell’educazione per gli adulti. La soddisfazione di vedere l’istituto crescere è stata tanta. Le iscrizioni sono lievitate di anno in anno, segno che si è acquisita massima credibilità. E’ scuola che sa accogliere e che sa preparare, come dimostra anche il passaggio da istituto professionale a istituto tecnico per il turismo.

Quanti iscritti ci sono?

Per ora sono 910 al diurno e 150 al serale, più tutta l’utenza del Ctp (Centro Territoriale Permanente). Quest’anno abbiamo portato alla licenza media 60 adulti. Gli iscritti, per lo più stranieri, sono 5/600.

In questi giorni, comunque, la scuola è un vero cantiere.

Ogni anno, nel periodo estivo, si fanno i grandi lavori, di ristrutturazione, di manutenzione, o per ricavare spazi adeguati a una scuola cresciuta moltissimo. E questo riempie di soddisfazione.













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