La storia

"Più di 60 anni fa la Pfizer salvò mio fratello tredicenne"

Oggi tutto il mondo guarda al vaccino dell’ azienda americana. Raffaella ricorda quando nel luglio 1956 Luciano fu curato con un farmaco spedito dagli Usa in aereo 


Patrizia Belli


ROVERETO. Tutti noi, volenti o nolenti, in questi giorni abbiamo imparato a conoscere la Pfizer: colosso americano nella ricerca, produzione e vendita di farmaci, ma soprattutto prima azienda al mondo ad aver ottenuto il via libera dall'Oms per il vaccino anti Covid. Ebbene, la città di Rovereto già nel 1956 aveva sentito parlare della Pfizer.

Era estate, il 30 luglio all'ospedalino provinciale infantile di Trento, versava in condizioni disperate un ragazzino di 13 anni. Era affetto da una “una forma tanto grave quanto rara di meningite tubercolare, con interessamento encefalitico e dei gangli della base cervellare”.

Quel “ragazzino” era Luciano Baldessari figlio primogenito degli albergatori dell'Hotel Rialto: Vittorio Baldessari e Maria Gottardi e raccontarci la storia è la sorella Raffaella conosciutissima in città per i suoi trascorsi di albergatrice all'Hotel Rialto (insieme ai fratelli Roberto e Paolo) e successivamente per la sua carriera artistica di insegnante di acquerello.

Raffaella ci consegna l'articolo scritto nell'ottobre del '56 da il Gazzettino. L'articolista racconta che la speranza per il giovane Luciano era al lumicino perchè la malattia aveva già fatto una vittima nel nipotino dell'on. Paris. Il giovane Baldessari frequentava la terza media dell'Istituto Salesiano di Rovereto quando cominciò a deperire.

All'inizio si pensò a esaurimento ma quando sopraggiunse una febbre molto alta l'allora pediatra dottor Carlo D'Anna diagnosticò la meningite e si procedette al ricovero. Poi fu un susseguirsi di farmaci che davano un po' di sollievo ma non risolvevano la malattia fino a quando un medico bolognese il dottor Korngold, amico d'infanzia di Vittorio Baldessari, venne a sapere che i laboratori scientifici della Pfizer stavano lanciando un potente farmaco contro le affezioni di meningite tubercolare. Il farmaco si chiamava “oleandomicina”.

Ovviamente era introvabile sia in Italia che in Europa. Dunque, cosa fare? Venne lanciato un appello che vide la partecipazione di medici, politici, ambasciatori, giornalisti... e la supplica arrivò sino in America.

La Pfizer rispose e comunicò che avrebbe messo a disposizione il farmaco. Ma come? L'Oleandomicina partì dagli U.S.A. in aereo e giunse a Ciampino dove venne presa in consegna dai vertici italiani dell'azienda per poi partire immediatamente alla volta di Trento a bordo di una Fiat 1400. Il capo del servizio medico della Pfizer italiana, assieme a due suoi assistenti e un segretario partirono alla volta di Trento.

Era una corsa contro il tempo. Il giovane Luciano stava soccombendo alla malattia. E sembra quasi un film americano la folle corsa per salvare il giovane Luciano. I quattro si alternarono al volante per non far soste, ma la nebbia a Ferrara li costrinse a sostare per un'ora. Alle 7,30 del mattino il farmaco arrivò all'Ospedalino di Trento. Erano quattro flaconi da 50 confetti. Funzionò e salvò la vita a Luciano.

 













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