«Kevin era la vita, il mio gioiello» 

Parla la mamma del giovane morto sabato notte: «Cerchiamo di farci forza e andare avanti, per lui»


di Gianluca Marcolini


RIVA. «Ho perso il mio sole. Kevin era la vita, il mio gioiello». Loredana Siracusa ha gli occhi colmi di disperazione e rabbia, quel sentimento impossibile da descrivere che solo una madre che ha perduto il proprio figlio ventenne, morto fra le fiamme della sua auto, è costretta a provare. La mamma di Kevin Ventura, il giovane operaio deceduto sabato notte nella galleria fra la val di Ledro e Riva, condivide la drammaticità di queste ore assieme all’altro figlio Giuseppe, alla fidanzata di Kevin, Angelica Sordo, e alla sua grande e numerosa famiglia che le si è stretta intorno riempendo d’affetto e di conforto la bella casa in via dell’Albola. Anche ieri mattina è stato un via vai continuo di parenti e amici, accorsi a portare il loro cordoglio ma soprattutto a condividere con Loredana e Giuseppe il peso di una tragedia indicibile. «Chi ha conosciuto mio figlio sa che non servono troppe parole per descriverlo, per raccontare chi era, per elogiarne il carattere gioviale, generoso, altruista ma anche serio, maturo, responsabile», racconta tutto d’un fiato questa donna, visibilmente provata ma anche tanto combattiva e determinata ad andare avanti, protetta adesso dal suo angelo custode che la guarda da lassù. «Kevin aveva dalla sua una dote grandissima – prosegue Loredana mentre se ne sta seduta al tavolo della sua cucina con gli occhi rossi e gonfi di lacrime – quella della grande umiltà che gli permetteva di affrontare e vincere le sfide della vita. Se gli si chiedeva un aiuto non si tirava mai indietro, non sapeva dire di no. Gli amici lo adoravano perché con lui si confidavano, sapeva ascoltare e dare consigli, senza giudicare e rispettando gli spazi altrui. Ed era sempre disponibile con tutti».

La famiglia materna è originaria della Sicilia e a Caltanissetta Kevin si recava appena poteva, raggiungendo nonni, zii e cugini. «La prima volta che è venuto da noi, dopo venti giorni già lo adoravano tutti, lo chiamavano il “gigante buono” con il suo metro e novanta di altezza. Oggi lo piangono tutti», dice la zia che lo ha visto crescere e diventare adulto. «Voglio pensare al giorno del suo funerale come ad un giorno in cui lui è felice. Nella mia testa lo vedo col sorriso sulle labbra che ci dice di andare avanti».

Saranno in tanti, domani pomeriggio, a dargli l’ultimo saluto nella chiesa di Rione Degasperi. Di sicuro ci saranno molti dei suoi colleghi della Dana di Arco, gli stessi che in questi giorni hanno avuto parole dolcissime nel ricordare questo ventenne dal sorriso gentile e dal cuore grande, che aveva da sempre la passione per le due ruote e che cercava di mettere via i soldi per comprarsi la moto nuova, dopo la macchina. «Gli dicevo continuamente che era meglio lo scooter, che è più comodo per girare, ma lui niente: voleva la moto», confida Giuseppe. I due fratelli vivevano in simbiosi, l’uno adorava l’altro. «Ho cominciato a prendermi cura di lui quando era piccolo e non ho più smesso. Devo ancora metabolizzare che se adesso lo cerco nella sua camera non lo trovo. Ho saputo quello che è successo da mia madre. Ero fuori casa, mi ha chiamato al telefono, dopo che erano arrivati i carabinieri, e l’ho sentita urlare che Kevin era morto. Tra l’altro avevo visto passare le ambulanze e mi ero domandato cosa fosse successo nella galleria».

«I nostri cuori si sono rotti ma dobbiamo avere la forza di mettere insieme i pezzi e andare avanti perché Kevin vorrebbe così». Mamma Loredana è forte nella disperazione e nella tristezza perché oggi ha un angelo che la protegge.

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