Susà, una comunità che convive con l’incubo dell’ex Artigianelli 

Viaggio nelle frazioni. La più popolosa del Comune deve fare i conti con la presenza dell’edificio abbandonato che ora, come sottolinea Sandra Dellai: «È in balia di bande di balordi che lo depredano di continuo e lo usano per i loro sporchi traffici»


Franco Zadra


Pergine. A Susà non si arriva quasi mai per caso, ed è un vero peccato perché, d'estate soprattutto, la zona è magnifica nella sua lussureggiante vegetazione, conservando una certa atmosfera bucolica da età dell'oro.

Colpisce la scritta sul cartello stradale all'ingresso della frazione che riporta una immagine di bimbi felici, arcobaleno e prati fioriti, «Attenzione! Rallentare! In questo paese i bambini giocano ancora per strada». Una frase che suona quasi provocatoria per la mentalità corrente che vede nel dovere del rispetto delle regole solo il timore di sanzioni amministrative. No! Per Susà le regole hanno un senso, in questo caso, il rispetto per i più piccoli.

I tempi cambiano

«Sono tornato in paese – dice Alessandro Stoffella, gestore dell'unica cooperativa della frazione – da un anno circa, ma ho trovato che le cose non sono più come una volta. Ora si vive come in un quartiere di città, con le stesse preoccupazioni per i bambini per strada, i ladri di appartamento, e la scarsa socialità. Ogni giorno mi confronto con il pensiero di tenere aperto ancora il mio negozio, perché, se non ci fossero i contributi provinciali, si fa veramente fatica a sopravvivere. Mio nonno veniva dalla Vallarsa, lavorava a Vienna e parlava tedesco, e qui in paese aveva sposato mia nonna suscitando la rabbia di molti poiché da forestiero s'era preso un buon partito con molti terreni in dote. Nella casa che abitavano, durante l'occupazione tedesca, avevano preso alloggio gli ufficiali nazisti».

Una frazione di Susà con 968 residenti (erano 974 a fine 2018)che ne fanno la più popolosa del Comune davanti a Canale con 889 (896) e Zivignago con 827 (823) e che da ieri ha pure un laureato in più poiché proprio mentre passiamo per le vie del paese sono in corso i preparativi per la festa di laurea di una neo dottoressa con un padre comprensibilmente troppo indaffarato per rilasciare interviste.

Cruccio ex Artigianelli

«Purtroppo, l'unico bar ha chiuso – dice Sandra Dellai –, ma si vive bene a Susà. Ora sono in corso dei lavori per un nuovo parcheggio e si prevede anche uno spazio giochi per i bambini. Il problema grosso della frazione è il complesso degli ex Artigianelli, in completo stato di abbandono e in balia di bande di balordi che lo depredano di continuo e lo usano per i loro sporchi traffici».

Problema datato e divenuto forse insuperabile, se non solo con un abbattimento, l’enorme edificio, inaugurato nel 1965, dell’Istituto Pavoniano Artigianelli, che nel 2016 finì addirittura su Striscia la Notizia, nel corso della sua storia mutò la sua originaria funzione di Casa apostolica dei Pavoniani, per ospitare temporaneamente alcuni istituti scolastici, ma anche Rsa o l'ospedale psichiatrico, nel frattempo che questi adeguavano o ristrutturavano la loro sede. Ora, san Lodovico Pavoni, scomparso nel 1849, la cui statua campeggia ancora nella bella chiesa di San Floriano, sempre aperta anche in tempo di coronavirus, (e nonostante l'imperversare della microcriminalità), non pare più occupato a sostenere la sua opera di educatore, come fondatore degli Artigianelli, ma semmai a raccogliere le probabili preghiere di qualche pia donna per le anime allo sbando dei visitatori notturni dell'istituto.

Giovane ottimismo

«Ma a Susà si vive bene – torna a ribadire Jonathan, 18 appena compiuti -. Questo è un paese tranquillo e trovi tutto quello che ti serve». «Noi, quando ci chiedono, diciamo che siamo di Susà di Pergine – dice Deborah che con il compagno Silvano preferisce non apparire –, ma se devo andare a fare la spesa, per le cose urgenti, la cooperativa è aperta solo la mattina, quindi tocca andare a Pergine».

Nel lasciare Susà, l'occhio cade sulla stupenda fontana - lavatorio, tuttavia zampillante, e l'immagine sacra dipinta su di una casa che ricorda un'apparizione mariana del 1839, e subito si pensa all'intervista, a firma Benito Mussolini, pubblicata il 12 giugno 1909, alla “santa di Susà”.













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