Quando gli irredentisti issarono il primo Tricolore 

Speranze e le lotte dei perginesi iniziate con Enrico Rosanelli nel 1848 sfociarono  nell’entrata a Pergine delle truppe di Giuseppe Pennella il 3 novembre 1918


di Roberto Gerola


PERGINE. Grandi feste di popolo un secolo fa nell’attuale piazza Municipio a Pergine per celebrare l’annessione al Regno d’Italia. Si susseguirono nei mesi successivi a quella data ricordata intitolando l’allora via delle Scuole al “Tre Novembre”, ed eliminando tutte le denominazioni tedesche (decise dall’Austria) dalle vie del centro storico che tornarono ai nomi originali o con dediche nuove peri generali che arrivarono per primi a Pergine, o martiri.

Le cronache sono state scritte e conservate dall’avvocato Angelo Valdagni (primo sindaco di Pergine, dopo la fine degli Imperi centrali, e figurano nell’archivio storico perginese). Era il cittadino che più impersonava l’irredentismo perginese in quel momento. Anche se questo “movimento d’opinione a favore dell’unità nazionale” aveva radici lontane, Angelo Valdagni ne era la massima espressione in quel 3 novembre 1918 quando a Pergine arrivò (verso le 10) un’automobile con a bordo alcuni ufficiali inglesi che l’attraversarono e poi (alle 16) un’altra con a bordo due generali e un fante italiani (alla guida): uno dei tre era l’ufficiale Guglielmo Berti di Bologna (diventerà poi cittadino onorario di Pergine) e portava la “novella” della “liberazione”.

«Nella notte arriveranno le avanguardie dell’esercito liberatore», dissero ai perginesi e ripartirono. Nella notte arrivò un “pattuglione” di cavalleria a portare «l’annunzio» preciso della vittoria. Quella notte, reparti di truppe ungheresi avevano incendiato il ricreatorio e i baraccamenti vicino alla stazione ferroviaria, mentre l’esercito austriaco fuggiva. Furono i reparti di artiglieria inglese i primi a entrare in Pergine, seguiti dai fanti del 12° Corpo d’Armata.

Nel pomeriggio, in municipio si presentarono prima il maggior generale Pacini (vane sono state le ricerche in archivio per dare un nome all’alto ufficiale che poi si vedrà intitolare una piazza) e quindi il tenente generale Giuseppe Pennella (a lui dedicata la via principale) comandante del 12° Corpo d’Armata. Le cerimonie civili e religiose, le commemorazioni, le visite ufficiali proseguirono per mesi insieme alle inaugurazioni di lapidi commemorative. Angelo Valdagni (autore delle parole dell’Inno di Pergine) annotò tutto con dovizia di particolari.

Un tema questo che fu ripreso una decina di anni dopo da Mario Ceola che ne fece il libro “70 anni di irredentismo perginese” (dal 1848 al 1918). Vi si raccontano «episodi, fatti e atti dei suoi abitanti tendenti a concorrere alla liberazione della terra natale dal gioco austriaco o a dimostrazioni di italianità aventi sempre lo stesso scopo».

Su questa pagina abbiamo avuto modo di ricordare che i caduti perginesi in divisa austriaca furono oltre 450. Ne sono testimonianza le lapidi per non dimenticarli (e commemorarli) erette a Pergine e in tutte le frazioni.

Prima Valdagni e poi Ceola (più particolareggiato) ricordano gli “altri” perginesi: i Caduti con la divisa italiana, quelli che tornarono, quelli fuggiti per non finire in carcere, i perseguitati, gli internati (alcuni morirono). Furono coinvolti soprattutto studenti e intellettuali, ma numerosi anche contadini, impiegati, commercianti, gente comune. E fin dal 1848 con Enrico Rosanelli. I racconti e i nomi proseguono. Persecuzioni dal 1860 al 1863 per i più svariati motivi di atti d’italianità: tricolore esposto sulla facciata della chiesa dei Frati, appartenenza a comitati rivoluzionari, “disertori” presi mentre fuggivano. Nel 1866 altri perginesi furono segnalati per “italianità” vista la presenza del generale Medici, “spie” comprese. Nelle guerre del Risorgimento figurano oltre 40 combattenti perginesi (uno era di Palù), di ogni categoria sociale. Nel 1871 si aprì l’era delle società irredentiste: Sat, Pro Patria, Lega Nazionale, Vigili del fuoco, Club Ciclistico, Fanfara con divisa degli alpini, Circolo operaio di lettura e Banda sociale. Infine, i volontari nell’esercito italiano nella Grande guerra: furono 10 (7 tornarono). 33 perginesi furono internati a Katzenau; alcuni furono militarizzati nelle “compagnie di disciplina”; altri furono mandati al confino.













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