Il barista “colleziona” multe ma non s’arrende

CLES. «Quattro multe per un totale di 2.000 euro e cinque giorni di chiusura, il tutto in due mesi. Credo sia un record. Neanche fossimo sulla riviera romagnola in piena stagione. E tutto questo dopo...


Giacomo Eccher


CLES. «Quattro multe per un totale di 2.000 euro e cinque giorni di chiusura, il tutto in due mesi. Credo sia un record. Neanche fossimo sulla riviera romagnola in piena stagione. E tutto questo dopo 71 giorni di stop causa lockdown con danni che nessuno mi ha rimborsato». È amareggiato, ma anche determinato a resistere, Francesco Vender, 53 anni, titolare del Giordy Caffè di Cles che ieri ha ri-alzato la serranda del suo locale in via Trento, dopo lo stop imposto dai Carabinieri. Uno stillicidio di multe e controlli che – racconta – lo sta sfibrando non tanto perché non siano dovute in base alle norme Covid, ma nel vedere che in altri locali il distanziamento non c’è né più né meno del suo, ma lì nessuno vede e le multe le prende solo lui.

Vender, che ha alle spalle 35 anni di attività nel settore senza mai aver avuto in passato problemi di sorta, si sente un perseguitato: la sua colpa è esser incappato nel mirino di alcuni “impazienti” vicini con i quali evidentemente ci sono vecchie ruggini e che chiamano a ripetizione le forze dell’ordine. «Da quando ho aperto questo locale di questi controlli ne ho subito già una quarantina ma non ho mai avuto una multa o un richiamo perché ero sempre in perfetta regola. Ho la licenza del Comune per tenere aperto il venerdì fino alle 1 di notte e, per non aver problemi mi sono sempre limitato chiudendo prima alle 22. Adesso è subentrata la questione Covid e il cosiddetto “distanziamento” imposto dalle norme è impossibile da controllare. Io faccio tutto quanto prevede il protocollo richiamando e mettendo avvisi ben chiari sul comportamento da tenere. Ma non posso essere responsabile del comportamento scorretto del singolo avventore».

Evidentemente questo non basta, qualche cliente fuori posto o senza mascherina anche fuori del locale gli agenti lo trovano e il locale ci va di mezzo. «Dopo la chiusura imposta per quasi tre mesi c’era e c’è voglia di lavorare, ma così fanno di tutto per farmela passare. Quello che però mi fa rabbia è vedere come le disposizioni, che tra l’altro sono spesso contraddittorie tra di loro e non ci sono elementi certi per poterle confutare, vengono fatte rispettare con due pesi e due misure: a me le multe per un assembramento di qualche cliente fuori dal bar, in piazza decine di persone ammucchiate a ridosso dei locali… e non succede nulla. Le condizioni sono le stesse, gli occhi per vedere ce li ho anch’io. Se come dicono è un problema sanitario ma non di rumori (perché per quelli sono puntualmente in regola), ciò dovrebbe valere anche per la piazza, non solo davanti al mio bar».

Il suo “vero” problema, Francesco Vender lo ammette, sono i vicini sempre pronti con la cornetta del telefono in mano e le forze dell’ordine che a seguito delle segnalazioni devono intervenire. «Per evitare complicazioni mi sono ridotto da solo l’orario di apertura serale: contro il parere dello stesso Comune che gli orari me li ha invece confermati in pieno dopo la verifiche perché anche in Comune i vicini hanno presentato esposti. Il venerdì in particolare ho una licenza da Bar Pub con di DJ fino all’una di notte invece chiudo alle 22. Ma nemmeno questo è bastato. Questi mi vogliono far chiudere ma non ci riusciranno, ho le spalle grosse», conclude il barista. Ma anche oggi, che è il primo venerdì dopo la riapertura, qualche timore ce l’ha.













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