Folla per Lacché e tre (rari) carri allegorici 

Divisioni e ripicche, aspirazioni e perfino Trump i temi ispiratori del Gran Carnevale di Romeno  



ROMENO. Gran successo per il Gran Carnevale di Romeno che martedì grasso ha fatto rivivere, per un paio d’ore, alcuni sprazzi dell’antica tradizione di quello che è rimasto l’unico vero carnevale dell’Alta Anaunia. In sfilata solamente tre carri ma almeno quelli c’erano…mentre non erano molte le maschere presenti alla sfilata che ha attirato moltissimo pubblico da tutta la valle di Non. Tra la folla pure il direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele, che aveva voluto proprio i Lacché di Romeno in un recente raduno carnevalesco in Sicilia come testimoni delle antiche ed originali tradizioni dell’Arco alpino accanto ad un gruppo abruzzese ed appunto isolano.

I Lacché, con il pesante cappello a punta alto più di un metro ed adorno di nastrini ed anelli colorati, sono infatti il filo conduttore che lega questa manifestazione e che fa di Romeno uno dei dieci o poco più veri “carnevali arcaici” del Trentino, «meritevoli di essere conservati e tradotti ai posteri» - come ha ribadito Kesich dal palcoscenico. A condurre la sfilata, accanto al presidente della Pro Loco, Alessio Chini, il “redivivo” Bepi (Joseph) Debiasi, uno degli storici speaker dell’evento che è tornato a calcare la scena dopo alcuni anni di esilio volontario tra pennelli e colori del suo avvolto nel centro storico.

Molta gente, si diceva, dietro i tre carri arrivati da Romeno, Dambel e Ruffré. Il carro di Romeno si è ispirato ad un igloo simbolo del gelo, la “freddezza” che pervade ora il paese dilaniato – così ha lamentato il giovane che ha letto la rimela in noneso che ha spiegato il carro - da ripicche e divisioni. «No ne volén pu ben» - ha declamato rivolto alla folla in una sorta di appello alla riconciliazione “comunale” che indirettamente dovrebbe estendersi alle divisioni (peraltro non evocate) che in questi anni stanno segnando l’Alta valle di Non dove i Comuni ormai si confrontano non sulle idee ma spesso in tribunale.

I giovani di Dambel si sono ispirati invece ad un’antica aspirazione del paese, avere una malga propria «anche se non bella come chela de Romen» sul Monte Roén, dove ha una cospicua proprietà forestale.

Complicato infine il carro di Ruffré (non c’era giuria e quindi niente gara) ispirato alla vicende nordcoreane e alle minacce missilistiche incrociate con l’America di Trump. Il tutto intervallato dal balletto tradizionale dei Lacché in piazza accompagnati dalla Banda comunale (in maschera) e l’affollato contorno di lucaniche e polenta tradizionalmente servita dalla Pro Loco in modo gratuito a tutti. Perfetto il servizio d’ordine con Carabinieri e Polizia locale con chiusura delle strade che confluivano nella piazza della festa, per evitare episodi già successi in varie parti d’Europa con intrusioni veicolari pericolose. Ma invece che posizionare barriere di cemento, l’organizzazione ha “precettato” i contadini che hanno i trattori più imponenti, piazzando i mezzi “ di traverso” agli incroci come ostacoli insormontabili.(g.e.)















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