turismo

Montagna, è una stagione fiacca: si punta tutto su agosto

Il meteo penalizza le imprese turistiche. A Lavarone dieci gradi. Michele Dalprà, titolare di un hotel sull’altipiano: «Io non ho notato scricchiolii, ma un vero e proprio calo»


Jacopo Strapparava


TRENTO. «Io sono ottimista» dice Michele Dalprà, 55 anni, titolare dell'Hotel Ristorante al Lago, tre stelle, la struttura affacciata sul laghetto di Lavarone. È questo il suo primo commento, quando sente le dichiarazioni del presidente della Camera di Commercio di Trento, Giovanni Bort, che all'inizio di questa settimana, durante la presentazione del rapporto semestrale sulle imprese locali, ha parlato di «una stagione che non era partita sotto i migliori auspici». «Certo, qualche scricchiolio in effetti lo si nota», concede. «Sicuramente, mancano un bel po' di tedeschi, almeno da noi. Siamo penalizzati dal maltempo, qui in quota quest'anno al mattino fa freddo: oggi ci saranno stati dieci gradi. Per non parlare della grandine! Qualche giorno fa ne è venuta una fortissima, chicchi grossi così, doveva vedere i miei clienti come si sono preoccupati».

Ma i fattori sono tanti. «Bisogna anche considerare che nelle stagioni passate, con la pandemia, in molti hanno rinunciato ai viaggi all'estero e sono dovuti restare in Italia. Ora invece siamo tornati definitivamente alla normalità». Nonostante questi segnali, non parlerebbe di crisi, il buon Dalprà. «Non esageriamo. L'inflazione è un problema, certo. Ma ne sono già successe, di stagioni come questa». Il signor Dalprà, si dice pragmatico, oltre che ottimista. Eppure, non è certo uno che veda solo rose e fiori, nel suo settore. «In generale, devo dire che gli albergatori sono tutti abbastanza pessimisti. Siamo in una fase difficile. Il ricambio generazionale non c'è. Si fa fatica a trovare personale, chiunque può confermarlo. I giovani sono pochi, quelli che ci sono si ribellano agli stipendi bassi e vanno all'estero. Le tasse poi sono altissime, lo scriva, bisogna farlo capire a chi ci governa. Io sono fortunato, perché ho mio figlio. Ma gli altri? Nelle città magari lo trovi qualche cinese disposto a rilevare il tuo hotel. Ma che ne sarà degli alberghi nelle zone di montagna?».

E la situazione, a quanto dice, non riguarda solo il settore della ricezione. «I ristorantini. I negozietti. I piccoli bar. Stanno chiudendo a nastro, uno dopo l'altro. Ed è un vero peccato». «La stagione? Non è partita come gli anni scorsi, è vero» commenta invece Martina Ferrai, 27 anni, che gestisce l'Hotel Aurai, tre stelle, sul Lagorai, sulla strada che da Borgo Valsugana sale verso passo Manghen. «I clienti ci sono, ma ne vengono meno. E anche quelli che vengono, rimangono per periodi più brevi». Non più la settimana tra i monti, dunque. Al massimo un weekend lungo. «Io devo dire che non ho notato qualche scricchiolio, ma un vero e proprio calo» prosegue la giovane titolare. «L'anno scorso le temperature era più elevate. In fondo è normale, se in fondovalle vedi che piove, chi te lo fa fare di salire in montagna? Quel che le posso dire è che confidiamo in agosto, abbiamo avuto tante prenotazioni».

L'ultima a parlare è Martina Bordignon, di anni 33, ex insegnante bolzanina. Le cronache avevano parlato di lei nella primavera del 2019. Assieme al compagno, Andrea Minotti, 30 anni, operatore turistico, avevano deciso di cambiare vita e di andare a gestire il rifugio Oltradige, al Roen, a cavallo tra Alto Adige e Trentino. «Alla Camera di Commercio hanno ragione» dice. «Tutto vero. Il calo l'ho visto anche io». E spiega: «Il tempo non è stato dei migliori, se piove la gente non sale in montagna. E c'è anche l'aspetto economico: non vendiamo servizi essenziali, di andare a mangiar fuori la gente sopravvive anche senza. Una volta, da noi, le grandi compagnie prendevano volentieri un tagliere di salumi come antipasto. Quest'anno, del tagliere di salumi, fanno a meno».













Scuola & Ricerca

In primo piano