Nel Dopoguerra a Calavino il primo Punto d’Incontro

Calavino. La Giornata del Ricordo che commemora le vittime delle foibe, in val di Cavedine, al di là dell’eccidio di molte persone innocenti da parte delle bande jugoslave, riporta alla memoria una...


Mariano Bosetti


Calavino. La Giornata del Ricordo che commemora le vittime delle foibe, in val di Cavedine, al di là dell’eccidio di molte persone innocenti da parte delle bande jugoslave, riporta alla memoria una vicenda legata all’esodo istriano (ossia dall’emigrazione forzata in massa dei cittadini italiani da quelle terre d’origine passate poi sotto il regime jugoslavo di Tito). Una storia successa a Calavino, che coinvolge la figura di don Dante Clauser, il compianto “prete dei poveri”, fondatore a Trento del Punto d’incontro.

Si era nell’immediato secondo Dopoguerra, in un periodo di emergenza generale, soprattutto per quei non pochi ragazzi, orfani dei genitori, che, in assenza di servizi sociali, vivevano della solidarietà cristiana portata avanti da taluni religiosi. Nel biennio 1947/‘48 don Dante svolgeva il servizio di cappellano nella parrocchia di Calavino e nei primi mesi del 1947 aveva raccolto a Calavino 5 o 6 bambini orfani, provenienti da diverse località, fra cui anche Gilberto Cerlenco, un istriano di Pola. La madre di Gilberto, col passaggio dell’Istria alla Jugoslavia nel 1947, aveva optato per l’Italia e quindi insieme al figlioletto di 7 anni si era imbarcata sulla motonave “Toscana” con meta Venezia. Qui i profughi erano stati accolti male (“spacciati per fascisti”) e quindi vennero smistati in varie regioni. Il ragazzino e la madre senza alcun mezzo vennero inviati nel Trentino e la prima destinazione, su iniziativa delle organizzazioni religiose, fu Vigolo Baselga, dove vennero ospitati per qualche giorno nella canonica. La situazione, già di per sé molto precaria, precipitò allorché la madre dovette essere ricoverata per una forma tumorale all’ospedale e il bambino si trovò improvvisamente da solo. Dopo alcuni giorni venne spostato a Calavino, dove don Dante si stava occupando di ragazzini come lui. Dapprima vennero ospitati in uno stanzone del palazzo de Negri, ma siccome la comunità aumentava giorno dopo giorno (nel giro di qualche mese erano una cinquantina) si dovette cercare un’altra destinazione, dapprima in una casa rurale semiabbandonata alla periferia del paese (ora la sede dei Vigili del fuoco di Calavino) e successivamente in un edificio un po’ più a monte in località “Casina”, iniziando così nel paese della valle dei Laghi il suo primo Punto d’incontro, dove con l’aiuto della “Provvidenza”, che trovava il proprio convinto supporto nella solidarietà della gente, che pur in una condizione di estrema povertà divideva “il pane” con chi aveva più bisogno.













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