«Il biodistretto può creare unità e competitività» 

L’incontro. A Lavis martedì il primo del ciclo organizzato in provincia per informare i cittadini sul referendum. La perplessità: «C’è il rischio che passi l’idea di un’agricoltura che inquina» 


Daniele Erler


Lavis. Una sessantina di persone hanno partecipato, martedì sera, all’incontro a Lavis sulla proposta di un biodistretto trentino. Era il primo momento informativo, in tutta la provincia, sulla raccolta di firme che potrebbe portare a un referendum propositivo.

La proposta

L’assessore Franco Castellan ha spiegato che lo scopo della serata era proprio quello di avviare un confronto. Emanuele Benvenuti e Fabio Giuliani, rispettivamente un consumatore e un produttore, sono fra i promotori della raccolta firme. Ne servono 8.000, ne sono già state raccolte 6.500. Hanno spiegato che l’obiettivo è di qualificare il territorio agricolo trentino come un grande biodistretto. Non significa costringere poi tutti gli agricoltori a convertirsi al biologico: per legge non sarebbe possibile. Significa invece impegnare la Provincia affinché crei le condizioni più favorevoli per chi già coltiva in biologico o vorrebbe farlo. L’intento è di promuovere una sinergia fra le realtà locali, per garantire a questo settore un forte mercato interno. Ma anche fornire le condizioni migliori per ottenere la certificazione, anche attraverso un supporto e la dovuta formazione. Infine, l’obiettivo è di promuovere l’immagine di un Trentino sostenibile, per attirare quei turisti che sono più attenti alle tematiche ambientali. Ma è davvero il referendum lo strumento giusto? E soprattutto, non si rischia di creare nuove contrapposizioni fra gli agricoltori? È quello che si sono chiesti alcuni produttori in sala, anche se i promotori hanno cercato di spiegare che in realtà l’intento è di creare unità e competitività, non divisioni.

Le critiche

«Gli agricoltori sono già in grado di prendere una decisione, senza che sia calata dall’alto. Anche perché in Trentino tutte le agricolture che non sono biologiche sono integrate e certificate: gli agricoltori già producono bene e già producono sostenibile – ha detto Paolo Calovi, presidente della sezione trentina del Consorzio agricoltori italiani –. L’approccio non deve essere legislativo. Fare biologico deve essere un fatto economico e culturale. Il rischio del referendum è di mettere in contrapposizione i due metodi di coltivazione. Abbiamo lavorato molto perché questo non accada». Critico anche Gianluca Barbacovi, presidente di Coldiretti: «Se penso al futuro del Trentino, non lo immagino solo ad agricoltura biologica. Abbiamo territori di difficoltà agronomica dove è pericoloso applicare il biologico. Il rischio di questa proposta è che passi l’immagine che l’agricoltura sia un settore che inquina e che negli anni non ha fatto nulla. Invece è tutt’altro. In Trentino facciamo agricoltura integrata, dove è minimo l’utilizzo della chimica. Allo stesso tempo dobbiamo dare agli agricoltori la possibilità di difendersi dalle minacce esterne, come la cimice asiatica».













Scuola & Ricerca

In primo piano