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La storia della valle ripercorsa con abiti e pizzi di una volta

STENICO. “Drapi, vestidi, pizzi”: così si intitola la mostra etnografica sui vestiti di una volta allestita al museo etnografico di Stenico “Par ieri” del Gruppo culturale Stenico 80 “Giuseppe Zorzi”....



STENICO. “Drapi, vestidi, pizzi”: così si intitola la mostra etnografica sui vestiti di una volta allestita al museo etnografico di Stenico “Par ieri” del Gruppo culturale Stenico 80 “Giuseppe Zorzi”. Una mostra monografica entro un contenitore ricco di manufatti, attrezzi agricoli, documenti storici relativi non solo al paese di Stenico ma anche alla vallata delle Giudicarie Esteriori e anche oltre.

Il presidente Marco Sottopietra è chiaro in proposito: «Nostro intendimento è rappresentare il passato delle nostre valli giudicariesi a partire dalla semplice cultura materiale, semplice perché legata intimamente al sentire e alla vita stessa delle nostre popolazioni, povere ma dignitose».

A proposito di povertà viene proprio a pallino la mostra allestita come sezione monografica al piano sottostante della bella sede nell’ex palazzo Ferrari di Stenico e relativa a “Drapi, vestidi, pizzi” (nella foto), che viene ad arricchire notevolmente la già cospicua dotazione del museo etnografico “Par ieri”.

Si tratta di un centinaio di pezzi provenienti da tutte le Giudicarie e relativi al vestiario tradizionale, a partire dalla tessitura per finire alla sfilata di moda dei costumi tipici delle età passate. «Si va dalla fine 800 fino al 1950, con una rappresentazione fedele dei costumi delle nostre nonne e dei nostri nonni», spiega il maestro Sottopietra. «Possiamo constatare dal vivo che i vestiti e la biancheria sia dei benestanti che del popolo dicono molto della storia della nostra valle, della vita della popolazione, della capacità di industriarsi, delle conoscenze, dell’amore del bello, della cura della persona, dei costumi che sobri e poveri o più signorili e raffinati erano sempre dignitosi».

Numerose le sezioni in cui è divisa la mostra, dal matrimonio alle cerimonie grazie al corpèt, il cappellino da cerimonia, fino alla filatura dove compare il telaio di Ersilia Cherotti da Favrio, anni Trenta. Quindi la cardatura della canapa (o canef), con la gramola passando per la biancheria intima. Tutto un mondo in vetrina, magari intimo e privato, ma affascinante ed eloquente quanto mai. (gr.r.)













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