Quant’è difficile capirsi tra rifugisti, cani e padroni 

Valle di Fassa, nelle strutture in quota la presenza dei migliori amici dell’uomo (sempre più numerosi) è un problema. Jellici: «La soluzione sta nella correttezza»


di Gilberto Bonani


VALLE DI FASSA. Più degli orsi e dei lupi i rifugisti temono i cani. Sì, proprio gli amici dell’uomo a quattro zampe possono rendere la vita difficile ai gestori in quota. Il costume di avere un animale da compagnia è ormai molto diffuso. Gli alberghi da tempo si sono attrezzati per dare ricovero ai cani di chi soggiorna in hotel. Zona riservata in sala da pranzo e stanze dedicate dove non c’è moquette e dove l’animale (a volte anche gli animali) possono trovare un luogo adatto senza creare disturbo.

«In rifugio è tutta un’altra cosa» afferma Angelo Jellici, presidente del coordinamento nazionale dei rifugi. «Parlando con i colleghi di varie zone delle Alpi, dalla Valle d’Aosta al Friuli, emerge prepotentemente il problema». Durante il giorno la presenza di un cane o più cani è gestibile. Ci sono alcuni rifugi che mettono a disposizione all’esterno anche ciotole per dissetare il fido animale da compagnia. «Ma come si comporta il rifugista quando a sera si trova davanti una comitiva con uno o più cani da alloggiare?» si domanda Jellici.

«Alcuni vorrebbero portare in camerata il loro animale, altri non si accontentano di uno spazio che il rifugista a volte mette a disposizione, sempre che la convivenza con altri animali sia possibile». Un bel grattacapo per chi fa accoglienza in quota. «La soluzione – afferma Angelo Jellici - sta nella correttezza delle persone che dovrebbero preventivamente contattare il gestore e annunciare l’arrivo di un cane sondando tutte le possibili soluzioni». Ma come ben sappiamo accanto a padroni coscienziosi e attenti al benessere del proprio animale (e del prossimo) ci sono altri che agiscono in piena libertà. La prova ogni mattina quando percorriamo con attenzione le nostre strade cittadine trasformate in un vero percorso a ostacoli.

«Del problema – conclude Jellici - discuteremo ampiamente nell’annuale assemblea tra tutti i presidenti dei consigli provinciali». All’ordine del giorno ci saranno altri temi legati alle ferree leggi che equiparano i rifugi agli hotel rendendo la vita difficile a chi opera in strutture che sorgono in alta quota e non sono in grado di adeguarsi a tutti i codicilli di legge.

L’attuale stagione risente dei forti temporali in montagna che hanno fatto diminuire il numero dei pernottamenti. «Instabilità meteo – spiega Angelo Jellici – significa anche che molti turisti cambiano programma senza assumersi il disturbo di fare uno squillo per comunicare la rinuncia». La clientela è composta principalmente da adulti. Sono numericamente ridotti i giovani che salgono in montagna. «Non è solo un problema di abitudine alla salita sui sentieri – spiega Jellici – ma anche il legame con la rete. Per molti giovani restare disconnessi per ore o per una intera giornata costituisce una rinuncia troppo forte».















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