Campestrin, campioni e allenatori si raccontano 

Al PalaDolomites, nell’incontro organizzato dall’Union Ladins de Fascia, c’erano il discesista Kristian Ghedina, l’olimpionico Amedeo Pomilio e Giorgio Cagnotto


di Elisa Salvi


VAL DI FASSA. Dedizione, disciplina, gioia e soprattutto funzione educativa dello sport. Ma anche padri e figli, atleti e allenatori e pure genitori sempre più competitivi a bordo campo, vasca, piste da sci. Se ne è discusso, l’8 novembre in un affollato PalaDolomites di Campestrin, nel talk “Un solo cuore che batte”, organizzato da Union di Ladins de Fascia con l'Università di Trento e comitato Mondiali Junior di sci alpino Val di Fassa 2019.

Al centro dell’incontro le storie di fuoriclasse come Kristian Ghedina, il discesista azzurro più vittorioso di sempre, Amedeo Pomilio, olimpico della pallanuoto, vice-allenatore della nazionale maggiore e pure coach della giovanile campione del mondo, e Giorgio Cagnotto, papà e allenatore di Tania e della nazionale italiana di tuffi, nonché ex tuffatore plurimedagliato a Olimpiadi ed Europei.

I tre, assieme a Paolo Buchet dell’Università di Trento e Matteo Iori conseier de procura allo sport del Comun general, sollecitati dalle domande del giornalista sportivo della Rai Stefano Bizzotto hanno affrontato lo stretto rapporto tra sport, famiglia e preparatori atletici, attingendo a piene mani dalla loro esperienza. Ghedina, testimonial dei Mondiali di Cortina 2021, ha raccontato di come, dopo la morte di sua madre in un incidente sugli sci, il contrasto del padre alla sua attività agonistica gli abbia fornito la vera motivazione per diventare un campione: «Mio papà che aveva iniziato a fare il panettiere da ragazzino voleva che studiassi perché nello sport “uno su mille ce la fa”. Gli ho voluto dimostrare che ero quell’uno, perché amavo sci, velocità e adrenalina. E, per assurdo, lui mi ha aiutato a prendere seriamente la vita dell’atleta: non potevo sgarrare con orari e allenamenti. Ma non è mai venuto a vedere una gara: soffriva troppo».

Ha sentito tutta la responsabilità d’essere figlio di Gabriele Pomilio, responsabile delle nazionali di pallanuoto (fino al 1998), Amedeo: «In casa nostra si parlava solo di pallanuoto. Non avrei potuto fare altro, pur sentendomi sempre sotto esame: non potevo sfigurare in vasca con un padre come il mio. Ma è stato bello costruire con lui la nostra storia di sport. Da allenatore ora so quanto contino i genitori, che devono accompagnare i figli nella pratica sportiva, evitando di mettere loro addosso pressione».

Fuori dalla piscina, invece, i Cagnotto si scordavano dei tuffi. «Non avevo medaglie in giro per casa e Tania, fino alle sue prime gare internazionali, è cresciuta quasi all’oscuro dei miei successi. Credo sia stato un bene. È sempre stata una atleta, consapevole del sacrifico che questo comporta. Oggi non si parla più di regole, ma sono parte essenziale dello sport. Chi non è disposto a metterle in pratica è meglio si appassioni d’altro».

Interessante, poi, l’intervento del professor Buchet referente per l’Università di Trento del progetto “Top Sport” che dal 2009 sostiene gli studenti atleti, offrendo loro una doppia carriera. «Hanno usufruito di questo percorso Antonella Bellutti e Karen Putzer, siamo certi che lo sport educhi esattamente come lo studio». Sul palco anche Paola Mora, presidente di Coni Trentino, Giuseppe De Angelis, presidente di Panathlon, Fernando Brunel, presidente dell’Union di Ladins, e Davide Moser presidente del comitato Mondiali Val di Fassa 2019.















Scuola & Ricerca

In primo piano