tecnologia

Che cosa sappiamo davvero dei telefonini dei nostri figli

Social, la "lezione" della Polizia Postale: da Tik Tok a OnlyFans, i genitori non sono preparati


Serena Torboli


TRENTO. Conosciamo davvero il mondo social dei nostri ragazzi? Ha fatto tappa a Trento «Una vita da social», la campagna itinerante della Polizia Postale dedicato all’educazione alla legalità, quest’anno alla sua decima edizione, che gira le città italiane per parlare di sicurezza online e di come affrontare e contrastare il cyberbullismo. Un gruppo di operatori del centro operativo per la sicurezza cibernetica ha accolto nel «truck» 280 studenti dell'Istituto comprensivo Rita Levi Montalcini.

Nicoletta Zanetti del Dipartimento Istruzione e Cultura della Provincia ha illustrato le linee guida del tavolo per la legalità, nel cui solco è stato istituito il concorso «Non isolarti. Fidati di noi», una campagna di comunicazione contro cyberbullismo e diffusione illecita di immagini intime. La seconda parte del programma ha previsto poi l’intervento del Vice Ispettore Mauro Berti, responsabile della Sezione pedopornografia e cyberbullismo, del Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Trento, focalizzato sui gravi rischi connessi al dilagare di tecnologie della comunicazione che si inseriscono nel sistema di relazione, nella rete amicale, nel momento del gioco dei preadolescenti.

L’educazione dei figli è nelle mani di scuola e famiglia in modo verticale fino all'età di 12-14 anni; poi interviene in maniera molto più decisiva il gruppo dei pari. Fondamentale quindi è che nel frattempo gli attori dell’educazione siano riusciti a introdurre elementi di senso critico e di conoscenza dei rischi connessi. È importante perciò che in un periodo delicato come quello preadolescenziale, i soggetti titolati ad occuparsi di educazione, la famiglia e la scuola, siano alleati. Il vice ispettore fa invece riferimento esplicito a casi tipici come quelli in cui il cellulare viene ritirato allo studente e consegnato al genitore, dove i provvedimenti disciplinari somministrati dalla scuola nei confronti dei ragazzi sono messi in discussione se non addirittura apertamente denunciati.

Dove stanno i pericoli oggi? Non nella tecnologia in sé, che in quanto tale è sempre un elemento neutro, ma nella costruzione dell’algoritmo delle applicazioni, Tik Tok su tutte, che sono studiate appositamente su ciò che interessa ai ragazzi, per attirarli e trattenerli il più possibile. E nel gruppo dei pari che in preadolescenza prende molto spazio nella vita di ragazze e ragazzi ci sono influencer, youtuber e ora tiktoker. E purtroppo, l’isolamento crescente dei ragazzi, che vivono e sperimentano le relazioni su piattaforme digitali anziché nella vita reale, ha a che fare con un aumento di suicidi giovanili negli ultimi otto anni da 1000 a 4000 casi.

L’elemento di preoccupazione ulteriore deriva dal fatto che, contemporaneamente, la tecnologia risolve al posto loro problemi semplici che impediscono alla mente di allenarsi a risolverli. I nostri figli passano dalle 3 alle 5 ore a scrollare, ossia scorrere col pollice sui dispositivi touchscreen per recuperare le nuove notizie in arrivo: la nuova frontiera rispetto a Youtube è Tiktok, con video ancora più brevi, ancora più frenetici, ancora più funzionali per gli interessi di chi lo ha creato e degli investitori. Il richiamo del vice ispettore segnala con allarme il tipo di immagini pubblicate dagli adolescenti su Instagram e TikTok, dicendo senza mezzi termini che più di una volta per giovanissime e giovanissimi l’abitudine ad esibire il corpo li ha portati a una frontiera più estrema, ossia Onlyfans, la piattaforma su abbonamento ai confini con la pornografia, dove la pubblicazione di immagini intime viene addirittura pagata.

La difficoltà della gestione di queste situazioni aumenta in presenza di figure genitoriali che non sono più avvezze a gestire le regole. E torna un concetto che viene spesso espresso dagli operatori del sociale: ai giorni nostri, al concetto di colpa (che si manifesta nei confronti dell’autorità) si sostituisce quello di vergogna, che si esprime nei confronti dei pari. La vergogna è un fattore che emerge molto spesso nei casi di suicidio adolescenziale, spesso in occasione di una pubblicazioner di contenuti intimi in rete. L’interessante serata ha sicuramente suscitato attenzione nei genitori ed anche colto nel segno. Resta da capire, una volta compresi tutti gravi i rischi connessi all’utilizzo della rete, quali possano essere gli strumenti per un corretto uso delle tecnologie, che non devono essere solo demonizzate ma anche conosciute, comprese e utilizzate, per sfruttarne anche al massimo le opportunità.













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