Arco, teatro pieno per lo spettacolo sul Gran Carnevale 

Mario Matteotti regala una serata ricca di ricordi culminata nella “pace” con Albino Marchi che rilancia la sfida con Riva


di Gianluca Marcolini


ARCO. «La butto lì: perché non ci sediamo intorno ad un tavolo e ripristiniamo quell’antica sfida fra Arco e Riva mettendo nuovamente in palio l’Arco d’Argento? Rivolgo l’appello soprattutto ai due protagonisti principali, i veri promotori del divertimento nei due municipi, Mario Matteotti e Carlo Modena». La serata amarcord che è andata in scena venerdì sera, al teatro dell’oratorio, non si è limitata solamente a ripercorrere i fasti del carnevale di Arco ricordando almeno mezzo secolo della più importante manifestazione popolare ai piedi del castello. L’evento voluto ed organizzato da Mario Matteotti, con il supporto prezioso di alcuni amici, primo fra tutti Elio Proch (ormai la “voce” ufficiale della città) e senza scordare Bruno “Piuma” Calzà e Dino Campo, si è concluso con una “carrambata” che ha messo il suggello all’epopea carnevalesca arcense: la riappacificazione (in realtà, nei fatti, era già avvenuta da tempo ma è stata così sancita anche ufficialmente e pubblicamente) fra lo stesso Matteotti, il costruttore di carri di carnevale di maggior corso (che proprio oggi festeggia il mezzo secolo di sfilate) e lo storico presidente del carnevale. Marchi, chiamato sul palco dallo stesso Matteotti al termine di una serata ben costruita e che ha unito l’amarcord più struggente al divertimento più sfrenato (soprattutto grazie alle irriverenti battute di Matteotti che hanno accompagnato il racconto carnevalesco), ha trattenuto a stento l’emozione ricordando i suoi 37 anni di carnevale, «28 dei quali da presidente». «A dire la verità il carnevale mi manca - ha ammesso - anche se adesso sono impegnato in altre manifestazioni che danno grandi soddisfazioni. Ma il contatto umano che riusciva a regalare il carnevale era unico. Anche le litigate con il Mario o con il Piuma, anche le corse al capannone dei carri dove prima ci si mandava a quel paese e poi si andava tutti a bere un bianco». Immediata la frecciatina di Matteotti: «In realtà, ricordo che di bianchi ne hai offerti pochi», seguita dalla battuta di Proch: «Dai Mario, ha detto che andavate a bere bianchi, non che li offriva lui». E Marchi: «Mario Matteotti ed io siamo cresciuti insieme, siamo stati amici tranne nel lasso di tempo di dieci anni in cui neanche mi salutava. Ora spero che non mi tolga di nuovo il saluto per altri dieci anni. Lancio lì una provocazione ed un appello: sono il custode dell’Arco d’argento, della Freccia d’argento dell’Arlecchino d’argento. A Mario e a Carlo Modena, il solo rivano ben accetto ad Arco ma solo perché ha sposato un’arcense, dico: perché non provare a rimettere in palio l’Arco d’Argento rinnovando così la sfida fra Arco e Riva? Sarebbe la maniera più bella di rendere omaggio alla storia del carnevale».













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